Endrigo, “Giovani Leoni”: la recensione

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Giovani Leoni è il secondo album degli Endrigo in uscita per Ammonia Records/Self. Rock dritto, potente, forte e immediato, testi diretti ed efficaci che raccontano con la giusta dose di ironia il malessere di una quotidianità fuori dal palco, ordinaria e che fa paura.

“Giovani Leoni” è una seduta dall’analista. I testi seguono un percorso che, senza rigore cronologico, vanno a cercare le ragioni profonde del proprio malessere fino a trovarne le radici addirittura nell’infanzia. Il viaggio culmina con il tentativo di affrontare il quotidiano, tanto banale e ordinario quanto spaventosamente lontano dall’illusione rassicurante del palco.

Palco che ritorna nella colonna sonora di questa analisi, eredità di un anno passato a suonare ovunque cercando di sfuggire dai pensieri che alla fine sono esplosi e entrati nei solchi di questo disco”

“Giovani Leoni” è prodotto da Davide Lasala, registrato, mixato e masterizzato all’EDAC STUDIO di Fino Mornasco (CO) da Davide Lasala e Andrea Fognini (Giorgieness, Edda, Dell’Era)

Endrigo traccia per traccia

La prima canzone del disco è Il Ritorno dello Jedi, poco fantascientifica e molto martellata, oscillante tra dolore e rancore. Transenna riparte con altrettanta forza elettrica, su suoni che hanno molto in comune con l’hardcore.

Lettera parte molto diretta e poi si concede qualche piccola pausa, ma l’intento è scaricare ancora qualche tonnellata di rabbia, corredandoli di ricordi d’infanzia.

E c’è parecchia memoria anche in Giovanni Lindo Ferretti VS. L’universo, molto martellata, in cui le influenze Ferrettiane si avvertono soltanto nel titolo.

Fumo Pacco è tra i pezzi più curiosi del disco, anche per la struttura che spesso ferma e riparte. Il Ragazzino mette la band (in modo curioso) a contatto con Giorgieness, formando un duetto vocale molto intenso e urlato.

Benissimo, grazie prosegue sullo stesso filo isterico, con tentazioni terroristiche nel finale. Questa è la casa abbassa improvvisamente i toni per un pezzo particolarmente struggente e addolorato, con voce e pianoforte. Ma il finale torna all’isteria di cui sopra.

Finale piuttosto curioso quello de La migliore band death metal mai esistita in tutta Brescia, presumibilmente autobiografica ed esclusivamente acustica.

Come già nel disco precedente, gli Endrigo tendono a non fare sconti. Ma qui il discorso sembra più variato e anche più elaborato, senza per questo perdere nulla in termini di energia.

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