Infanti è il nuovo album di Fabrizio Tavernelli, in uscita per la label di Musicraiser. Il disco è il quarto album solista dell’artista emiliano, che negli anni ha dato il suo contributo al panorama indipendente italiano con molti progetti musicali, tutti guidati da una forte impronta sperimentale.

Infanti è un concept album che ruota intorno al complicato tema delle grandi guerre contemporanee, quelle mediatiche e digitali, che troppo spesso mettono in prima linea i bambini e la loro innocenza. Momenti orchestrali s’intrecciano a sperimentazioni psichedeliche, su cui si ergono testi che danno un sapore cantautorale ai brani.

“Bambini a cui si ruba il futuro, a cui non verrà mai pagato nessun riscatto. Persino i furti delle donazioni destinati alle loro cure sono il segno dell’abuso del loro corpo, del loro essere indifesi. È una messa in minore che non ha più nulla di sacro. 

Loro sono le nostre vittime, messi al mondo per imparare le negazioni, le assenze, la chiusura di confini, le barriere, i muri, il filo spinato. Bambini a cui si nega la terra e il suo attraversamento, che saranno stranieri nello stesso luogo dove sono nati. 
Infine noi, nel nostro quotidiano, dove i figli diventano l’ultimo status symbol da mostrare in pegno alla società o il campo minato che ci lasciamo dietro quando noi adulti abbandoniamo le nostre postazioni di guerra.”

Fabrizio Tavernelli traccia per traccia

Parte piano ma cresce in fretta Rinascere, la traccia d’apertura d’Infanti: si parla di figli su sonorità oscillanti e con un cantato autorale che potrebbe richiamare un Giovanardi d’antan.

Ipocrisia così sia parte a loop per poi sciogliere i nodi e affrontare il discorso a volume alto e con un flusso intenso del basso elettrico. Aria di new wave che sfocia quasi in una preghiera corale.

Si prosegue con Figlia di guerra, apparentemente una classica ballad sulla propria, di figlia, con molti dubbi sul futuro, suo e di questo paese. Ci si rianima un po’ con il passo di Illuminami gli occhi, un po’ beguine e un po’ easy listening, che ha una chitarra particolarmente insinuante.

L’incompiuta di Brendola comincia su arpeggi oscuri di chitarra, torna a sussurrare su nebbie sonore e un testo che flirta con l’indefinito ma anche con immagini notturne e artistiche, per un brano che finisce per assomigliare a un racconto gotico dalle tinte drammatiche.

Momenti più placidi quelli delle sonorità, anche fantasiose e svianti, di 4 atti, ma quando entra il cantato l’atmosfera si fa tagliente e incisiva. Finché son piccoli picchia duro, con risvolti ipnotici e percussioni pesanti, anche se il testo è decisamente più pesante e paradossale.

Tutto quello che ho da dire si riporta nei ranghi, con una canzone molto intima, con archi e molta melodia, che probabilmente rappresenta uno dei cuori dell’album. “Cuori”, al plurale perché è evidente come non ci sia un corpo solo in questo disco. Come accogliere altrimenti la proposta stravagante di Messa in minore, scherzo polifonico con influenze barocche, religiose e satiriche, con evidenti attinenze a certe libertà che, con gli infanti, ci si prende in talune conventicole ecclesiastiche?

Alchimia opera conversioni con l’aiuto dell’elettricità e con il sostegno di un drumming regolare e sonoro. Cadaveri squisiti inizia con accordi quasi grunge, ma lo sviluppo del brano segue linee lente e psichedeliche, con qualche reminescenza in salsa CSI.

Esperimento di regressione è, appunto, sperimentale, tra rumori, vagiti, suoni isolati, rimbalzi d’onda, riverberi ed effettistica varia. Si chiude con Infanti, title track che è probabilmente la prima canzone “da cantautore” di tutto il disco, con pianoforte, ritmi controllati e un cantato molto morbido.

Inquietudine e straniamento fanno parte di un disco che ha le sue parti di originalità: Fabrizio Tavernelli estremizza alcune posizioni e gestisce con sapienza le sonorità, ottenendo un album dalle molte facce diverse.

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