Marco Galeffi, cantautore romano giovane e vintage insieme. Nel 2017 ha pubblicato Scudetto, il suo primo album, dove le piccole cose di ogni giorno vengono cantate con uno stile che abbraccia la scia indie pop, ma in chiave un po’ retrò, tra tazze di thé e metafore calcistiche, ma sempre e solo per parlare d’amore. Dal 1° maggio e relativo Concertone, l’artista romano si è esibito in diversi live, che proseguiranno fino al prossimo settembre.
Sarà un’estate fitta di concerti per te. Calcherai palchi importanti, ma sicuramente quello del MI AMI Festival deve essere stato pazzesco…. Che cosa ci puoi raccontare di questa esperienza?
“Al Mi Ami è stata veramente un’esperienza fantastica: c’era un sacco di gente, tutti con un mood da paura, fomentati e presi nel cantare le canzoni. Uno dei concerti che ricordo con più piacere di quelli fatti fino a ora”.
Un’esperienza effettivamente dirompente per qualunque artista, figuriamoci per un ragazzo come Galeffi che sta muovendo i primi passi nel mondo della musica che fa cantare le folle.
Il calcio, dicevamo. La Roma. E la musica. Perché la passione è passione, ovunque trovi uno sfogo. Le metafore calcistiche nelle tue canzoni sono una costante. Tottigol è un’istituzione per i tifosi della Roma, e non solo. Quali sono i tuoi idoli in ambito musicale invece?
“I miei idoli sono gli stessi da quando sono piccolo, sono un tipo piuttosto fedele. Quindi: Cesare Cremonini e i Beatles su tutti. Poi ci sono i vari innamoramenti, tipo: Ray Charles, Amy Winehouse o Paolo Nutini”.
Circa un mese fa un nuovo brano è stato lasciato libero di girare in rete. Le storie d’amore raccontate nelle canzoni del primo album non hanno avuto il lieto fine…
Uffa è il tuo ultimo singolo. Parli della fine di una storia, e lo fai con il tuo solito tono scanzonato e provocatorio, ma nella vita come affronti le rotture? Sai essere altrettanto fermo nel dire “hai un biglietto per l’inferno, ti auguro buon viaggio”?
“Uffa” probabilmente è il pezzo più autobiografico che ho scritto. Gli ultimi sono stati mesi difficili, purtroppo. L’unica cosa che ho imparato nella vita è che non si può mai sapere. Generalmente sono il tipo per cui le rotture sono dei punti a capo. Però l’amore è strano, vedremo”.
Chiudere porte, si sa, non è semplice, soprattutto quando erano spalancate su panorami infiniti e bisogna tornare a fare i conti con la realtà…
Camilla è il prototipo della protagonista di una canzone indie: colleziona vinili e libri, si veste ai mercatini, è confusa sui suoi sentimenti ma, pur ispirando il tuo testo, ti annoia. Ci si potrebbe leggere una provocazione in senso più ampio…
Certo, si può anche leggere come una provocazione. In fondo un po’ lo è. In ogni caso la canzone è nata semplicemente perché uscivo con una ragazza mega interessante, piena di passioni e un gran bel carattere, ma alla fine non mi lasciava niente. O magari non ero pronto io a ricevere nulla. Non lo so ancora. Quantomeno mi ha lasciato una canzone da scrivere.
Già. Spesso non sono le persone a essere sbagliate, ma i momenti.
Parliamo di film: in Potter/Pedalò fai riferimento a Hermione e Harry. Che genere di film guardi? Ci sono dei personaggi che ti sono rimasti nel cuore e che hanno ispirato le tue canzoni?
Sto in fissa con il cinema francese, soprattutto con Ozon. Però non c’è un genere in particolare al quale sono affezionato. Forse è più facile la roba che non mi interessa, tipo i film di azione o le solite commedie italiane da quattro soldi. Con Harry Potter da piccolo ho scoperto di essere un lettore insaziabile e mi leggevo i libri anche quando andavo in bagno.
Da lettore a scrittore, uno dei testi forse più romantici è proprio questo.
È il momento della playlist: ci consigli qualche brano immancabile per continuare a ubriacarci d’amore una volta finito di ascoltare “Scudetto”?
Perdono – Caterina Caselli
L’amore non esiste – Fabi Silvestri Gazzè
Estate – Bruno Martino
Nessuno vuole essere Robin – Cesare Cremonini
Onda su onda – Bruno Lauzi
La playlist di Galeffi
Chiara Orsetti