Diciassette anni dopo, ecco di nuovo i Fluxus. La storica hardcore band torinese pubblica il nuovo album Non si sa dove mettersi. Il nuovo lavoro è stato stampato in vinile a tiratura limitata (300 copie numerate) e disponibile in streaming su Bandcamp (nonché qui sopra).
Una delle formazioni più anomale e indecifrabili del nostro patrimonio musicale, tanto nel codice sonoro, quanto nella capacità di brillare per poi scomparire, i Fluxus hanno firmato quattro album in studio, nonché un live noto come uno degli spettacoli più violenti del Bel Paese.
E a ventitré anni dall’esordio con Vita in un pacifico nuovo mondo il rapporto con il nostro Paese e con il presente è ancora un punto focale nella poetica del combo torinese, perciò il nuovo album “Non si sa dove mettersi” si rivela sin dal titolo come una nuova, affilata, istantanea su ciò che stiamo vivendo.
Il quinto capitolo discografico nelle parole del combo torinese: “Oggi è difficile dire a cosa appartieni, sia come scena musicale che nei rapporti con gli altri. A livello politico, ma anche sociale e antropologico, sono cambiate le cose. È più difficile trovare la strada giusta per dire quello che senti”.
“Quando non hai niente da dire, o non sei sicuro di quello che vuoi dire, è inutile produrre qualcosa, perché diventa solo un esercizio sterile. In questo momento forse la situazione stessa è diventata un soggetto, nel senso che alla fine vale la pena parlare del caos che ti circonda, delle contraddizioni. Anche la mancanza di chiarezza diventa un soggetto che abbiamo scoperto può essere interessante da affrontare, può essere un argomento di cui parlare in modo convincente…”
“Il titolo “Non si sa dove mettersi” è una citazione degli Stormy Six ed è una frase che riassume bene la situazione. Non si sa dove mettersi, c’è una mancanza di posto. È una descrizione della dimensione in cui ci troviamo tutti. È come se ti fossi alzato un attimo e ti avessero preso il posto in cui stavi prima, un po’ come il gioco delle sedie.”
Fluxus traccia per traccia
L’ingresso nel disco è piuttosto altisonante (e poco punk): Nei secoli fedeli anzi ha ascendenze hard rock, con un passo pesante quanto chitarre e drumming, con la vis polemica già piuttosto spiccata.
Anche più oscura e magmativa la seguente Licenziami dal Mondo, in cui la batteria si occupa non soltanto di tenere il passo, ma anche di riempire gli spazi vuoti o semivuoti, tenendo alta la tensione. Il quasi ritornello “E’ solo un furto di identità/non un problema di qualità” fa pensare all’epopea CCCP/CSI.
E il pensiero corre da quelle parti (ma del resto è da lì che arrivano gli stessi Fluxus) con la torrenziale Ma ero già indietro. Giri pesanti di batteria e di parole contraddistinguono Ami gli oggetti, che fa emergere istinti quasi tribali. Da notare il verso “Vivi in una casa disabitata da te”.
L’energia distruttiva si spiega in pieno con Prescrivimi qualcosa, che fa del nichilismo un bastione attorno al quale costruire. Frenata improvvisa con La Decima Vittima: il contesto del testo non è rasserenante, ma il pezzo mostra il lato ipnotico e notturno della band.
Ma non c’è da preoccuparsi per il calo di ritmo: Mi sveglio e sono stanco recupera immediatamente a livello di potenza, volume ed elettricità. Gli schiavi felici è un ritratto piuttosto preciso e molto agghiacciante della società odierna (“servi dei selfie/selfie dei servi”). E ancora una domanda sensata: “Dovevo lavorare e produrre per il benessere collettivo/dove cazzo è il benessere collettivo?”
La Bianca Materia fiammeggia e cresce gradualmente, ma mantiene il controllo fino alla fine. Datemi il nulla è veloce e punk (stavolta sì), nonché furibonda, ma questo vale per tutto il disco. Si chiude con una rallentata Alieni per la strada, che dopo la calma apparente fa esplodere la rabbia residua.
Benché dicano di no, i Fluxus sanno perfettamente dove mettersi: al centro della scena, con l’istinto di spaccare tutto, ma con le ragioni della distruzione ben chiare in mente. Le undici canzoni dell’album non sentono minimamente la stanchezza degli anni o dei chilometri, anzi si direbbe un gruppo fondato l’altro giorno sull’onda di una spinta musicale immediata, nonché di gravissime forme di gastrite causata dal quotidiano.