A 6 anni dal suo esordio intitolato Fotografie, Francesco Garito pubblica L’Attesa. Un disco “da cantautore”, minimalista e intimista, con il contributo di Stefano “Stiv” Cantarelli, la produzione negli studi de L’Amor Mio Non Muore di Forlì di Roberto Villa e Alberto Bazzoli. Tra le collaborazioni anche Maurizio Bartoli al pianoforte e Antonio Perugini per le linee di batteria, nonché di Massimiliano Larocca ne I giorni dell’abbandono.
Francesco Garito traccia per traccia
Arcadia è la traccia introduttiva del disco, che fa entrare l’ascoltatore tra nuvole dream pop. Si prosegue con L’attesa, la title track, costruita intorno ad arpeggi determinati di chitarra e una certa insistenza di fondo. Con Fahrenheit 451 si procede a passi lunghi, con il sostegno della chitarra, della voce e di poco altro, alla ricerca dell’intensità.
Ecco poi la già citata I giorni dell’abbandono, con le note profonde della voce di Larocca a duettare/dialogare con quella più alta di Garito. Procede in modo rancoroso, ancorché moderato, Evisioni, con un certo retrogusto CSI. Con A naca si fa ricorso al dialetto per regalare gusti folk temperati dal pianoforte ed esaltati dalla chitarra.
Si omaggia De Gregori con Il panorama di Betlemme, resa con dosi di elettricità in crescita e un senso di minaccia che serpeggia, fino a esiti drammatici. Finale in (triste) dolcezza, con Giorno d’autunno, voce e chitarra e pianoforte, con un senso d’antico a spargersi intorno.
Disco molto intenso e appassionato, quello di Francesco Garito. Il cantautore alterna le atmosfere ma non abbandona mai un fil rouge fatto di buona scrittura e di emozioni forti anche quando sono presentate con gentilezza.
