È disponibile da venerdì 2 maggio 2025 il nuovo ep del songwriter americano Galapaghost, alter ego musicale di Casey Chandler, nato e cresciuto a Woodstock, negli Stati Uniti, ma trasferitosi per amore e musica nelle valli a noi più vicine, sopra Torino.
Il suo da solista è un percorso musicale lungo più di quindici anni, a proseguire un’autobiografia musicale che ha compreso episodi anche molto sentiti, come la sua esperienza con il cancro. La musica si fa anche cura e catarsi nei momenti difficili, com’è stato in particolare il caso di questo nuovo disco dal titolo Black Lemonade.
Abbiamo voluto parlare con questo artista, che cela un percorso sostanzioso, tra cui anche un’invidiabile collaborazione con il registra Gabriele Salvatores per il film Il ragazzo invisibile. Abbiamo parlato parlato con lui.
Il titolo Black Lemonade evoca un contrasto tra dolcezza e oscurità. Qual è il significato dietro questo titolo e come si riflette nei brani dell’ep?
Sì, è una frase tratta dalla canzone Black Lemonade, e con quella traccia – come con alcune altre – stavo cercando di creare immagini evocative e particolari, e il nome Black Lemonade mi è venuto in mente un po’ per caso.
Mi piace molto l’idea della limonata, perché è legata all’infanzia, all’estate, alla nostalgia… ma volevo darle un tocco più cupo, che rispecchiasse meglio l’atmosfera del brano. L’ho scritto senza nemmeno sapere che esistesse davvero come bevanda! Un giorno la proverò.
Doomscrolling affronta un tema molto attuale. Cosa ti ha spinto a scrivere questo brano, e come pensi che l’ansia digitale influenzi la nostra capacità di vivere il presente?
Mio figlio è stato sicuramente l’ispirazione per questa canzone. È così piccolo e innocente, ma mi spaventa profondamente pensare che un giorno, non troppo lontano, io e mia moglie dovremo spiegargli che il mondo in cui siamo cresciuti non esiste più. Cose semplici che da bambino davo per scontate – come la neve, per esempio, o il fatto di poter giocare fuori tutto il giorno d’estate – potrebbero non essere più sicure in futuro.
Spero, per il suo bene, che riuscirà a convivere con l’ansia del cambiamento climatico e a godersi comunque la sua infanzia, nonostante questa consapevolezza. Ma è totalmente ingiusto, e capisco perfettamente la rabbia delle nuove generazioni nei confronti di quelle precedenti, che non hanno fatto abbastanza per contrastare il cambiamento climatico.
Hai registrato e mixato tutto l’ep da solo: quanto conta per te il controllo creativo totale, e quali sono le sfide di lavorare in autonomia?
A dire la verità, non sono una persona che ha bisogno o desidera avere tutto sotto controllo, ma mi piace davvero seguire ogni fase del processo creativo e adoro scrivere e registrare da solo. Certo, mi piacerebbe collaborare con altri artisti, ma essendo ancora un artista piuttosto piccolo e non essendo ancora fluente in italiano, queste opportunità semplicemente non si presentano spesso.
Per ogni nuovo ep cerco sempre di darmi delle sfide nuove, sia nella scrittura che nella registrazione, così da non ripetermi mai e spingermi sempre un po’ più in là.
L’artwork di Hugh Speier ha un’estetica astratta e intensa. Che tipo di dialogo c’è stato tra la tua musica e la sua interpretazione visiva?
Sono MOLTO attento alla scelta della copertina perché il legame tra arte visiva e musica è fondamentale per me. È la prima cosa che si vede prima ancora di ascoltare la musica, quindi deve catturare, incuriosire, spingere a voler scoprire di più.
Amo profondamente l’opera che ho scelto per la copertina di Black Lemonade perché qualunque delle cinque canzoni dell’ep si ascolti, si percepisce subito quanto sia coerente con l’atmosfera dell’immagine. Purtroppo, l’artista che l’ha realizzata, Hugh Speier, è venuto a mancare improvvisamente lo scorso novembre. Era il mio artista preferito in assoluto, e merita davvero molta più riconoscenza. La canzone Hugh è dedicata a lui.
Rispetto ai tuoi lavori precedenti, Black Lemonade segna un’evoluzione sonora o tematica? In cosa ti senti cambiato come artista?
Mi piace pensare di essere sempre in movimento, mai statico, perché sarebbe davvero noioso seguire uno stesso percorso per tutta la mia carriera. Non so mai dove mi porterà una canzone, perché non mi impongo regole musicali—ed è proprio questo a renderla così entusiasmante per me.
Prendiamo a esempio Black Lemonade: inizia come un pezzo folk e finisce in un’atmosfera glitch/elettronica. Non avevo assolutamente idea che sarebbe andata a finire così, ma mi sono lasciato andare completamente, senza giudicare le mie scelte fino alla fine. Lascio che sia l’ispirazione a guidarmi.