Esce per l’etichetta Lilith Label il terzo lavoro in studio di Giorgia D’Artizio con La Collettiva, Nomea: una suite musicale tra jazz, folk e indie scritta a più mani che racconta il disagio del vivere in un pianeta ancora troppo lontano dalla nostra comprensione. La suite ruota attorno a precisi nuclei tematici e si può considerare a tutti gli effetti come una forma di arte rigenerativa ripensata e adattata ogni volta che si fa.
Giorgia D’Artizio traccia per traccia
Una partenza corale quella dell’album, con Terra Madre intro, con un passo ragionato, un sapore world music, ma con l’ingresso dei fiati si fanno evidenti gli influssi jazz. Il discorso sonoro si dilata sempre più, fino a una sorta di parossismo finale. Si parte poi con le “strambe”, sorta di divertissement che fa da fil rouge lungo tutto l’album: con la Stramba 1 ci si muove in ambito circense.
Ecco poi il racconto de L’umile perso, aneddoto quasi narrato in stile spoken words, su sonorità esili e appena accennate. Piano piano il discorso si fa più animato, con qualche impronta quasi vaudeville, sicuramente vintage. Risate e strombazzamenti di vario genere quelli che contraddistinguono la sguaiata Stramba 2.
A seguire ecco Chi non c’è, che parte piano e dal basso per costruire un brano con tratti blues e molte insistenze testuali, per un pezzo che suona sghembo ma ricco di personalità. Più spaventosi i gemiti e i mormorii di Stramba 3, rubata a qualche film horror vecchio stile.
Tocca poi a Insolita allegria, scelta anche come singolo e video di presentazione dell’intero disco: anche qui si parte dai cori, sui quali si distende la voce di Giorgia, per un altro pezzo che si apre gradualmente e piano piano festeggia. In una ricerca di identità si chiude con un abbastanza shakespeariano “Dimentica il tuo nome“.
Ed ecco la Stramba 4, rapsodia squisitamente jazz dominata dai fiati, che pur mantenendo un percorso “strambo”, inserisce elementi più integrali e assomiglia un po’ meno a un intermezzo, a prescindere dalle voci ostili.
Si arriva così a Nomea, title track, brano morbido e sinuoso, con un vago sapore tropicale. Il brano segue le proprie linee accettando che i fiati prendano il sopravvento ma mantenendo una propria integrità armonica lungo tutta la strada.
A chiudere, ecco Terra madre outro, collegata idealmente alla traccia d’apertura, per un ballo guidato dalla fisarmonica che conclude idealmente il viaggio.
Un lavoro molto delicato ma anche molto vivo, con un’eccellente gestione di voci e cori e con una cura del suono non comune contrassegna la suite firmata da Giorgia D’Artizio e dai suoi collaboratori. Lo sforzo di mantenere un’unità di senso non va in conflitto con la versatilità sia sonora sia testuale, per un disco ricco di fantasia e creatività, ma anche piuttosto ancorato a principi musicali e ideali molto saldi.
Genere musicale: jazz, cantautorato, world music
Se ti piace Giorgia D’Artizio ascolta anche: Mattia Faes
Pagina Instagram Giorgia D’Artizio