Dischi volanti per il gran finale è l’album d’esordio di Gustavo: Francesco Tedesco dei Danamaste, accompagnato da Aldo Canditone alla batteria, Antonio di Filippo al sax tenore e Gennaro Ferraro alla tromba.
Si narra che il progetto nasca come una pagina Facebook in cui condividere esclusivamente versi poetici. Soltanto in seguito Tedesco avrebbe intuito che in quel materiale ci sono potenzialità musicali. Da qui il disco.
Gustavo traccia per traccia
Passo cadenzato e e tromba che sussurra nell’incipit del disco: Carente di note puntuali è un’apertura in minore che già squaderna parte dell’umore del disco.
Sanbenitos e Berretti da Somaro mantiene una costanza di fondo, tanto da chiudersi in un loop, sempre fra oscurità e sensazioni appena accennate.
Il simil-ritratto Gustavo (1797 – μονογραφία) alza toni e volumi con i fiati incidenti e propositivi fin dalle prime battute. La canzone è ricca di sostanza, autoaffermativa, adirata ma cantata con calma. E comunque sì, il grigio ha rotto il cazzo.
Incubi si raggruppa, recupera nel campo dell’initimità, raccontando in modo lento ma inquieto, con un po’ di Battiato all’orizzonte. Il ritmo si risolleva con la title track Dischi volanti per il gran finale, con un’elencazione di pensieri eseguita con impeto e anche un po’ di furia.
I fiorellini del male si colora di negativo, ma la collera (evidente) si distilla lungo i versi, mentre gli strumenti armeggiano nelle retrovie. E’ il ritmo il protagonista anche di Piani, perché pesante e marcato, mentre tromba e voce seguono le proprie traiettorie, in un’atmosfera complessiva piuttosto ansiogena.
Buon Giorno recupera atmosfere leggermente più tranquille, su orizzonti dai colori tenui. S.B. Docet (ma chi sarà mai S.B.?) è una sorta di pamphlet con tendenze apertamente rock.
Senza titolo prosegue nella parte “rumorosa” dell’album, con la sezione ritmica a movimentare le acque, insieme a un giro di chitarra quasi indolente. Si chiude con lo strumentale in salsa jazz Rbpj, che suona molto libero.
Gustavo/Tedeschi propone una propria visione del mondo condensata in undici canzoni meditate e spesso sofferte. Le sonorità unificano il disco e lo rendono plastico e interessante. Un primo passo in una direzione personale ma che, da fuori, appare come quella giusta.