Le House Of Tarts pubblicano H.O.T. Il duo composto da Laura Martelli e Valentina Salvatori nasce nel 2015. Dopo esperienze maturate in gruppi indie-rock delle loro zone d’origine (Firenze e Senigallia) sentono l’esigenza di sperimentare nuovi linguaggi.

Le otto tracce che compongono l ’album sono flussi di coscienza appuntati nelle molte giornate piovose in periferia. I synth e le linee di basso minimal, insieme a drum machine prese in prestito dalla dance anni ’80 fanno da tappeto a melodie vocali tra il dark e il sognante. La produzione di Jacopo Gobber esalta l’aspetto giocoso e punk nella cura delle sonorità più surreali e divertenti, in contrasto con le ematiche spesso oscure trattate dai testi.

House of Tarts traccia per traccia

Bloodriver apre il disco su sensazioni sfocate, spesso tendenti allo psichedelico, con la voce che oscilla su panorami non perfettamente a fuoco. The Yellow Line cambia atteggiamento, pesca dalla dark wave per consegnare all’ascoltatore un pezzo severo e preciso.

I contorni tornano a essere indefiniti con Glimmering Beauty, con tanto di aspirazioni angeliche nel finale. A Day as Anubi invece cammina a terra con un atteggiamento più ironico e con un tocco british.

Un gusto industrial caratterizza un’inquieta UpJohn50, con il pianoforte che stempera ma sottolinea anche il carattere quasi horror del brano.

Qualche carattere teatrale nel brano seguente, The Haze Man, quasi da cabaret berlinese anni ’30, ma con elettronica. Lullaby è una ninna nanna molto vibrante e che difficilmente concilierebbe il sonno, soprattutto con l’ingresso di una voce robotica.

Figlia della noia Felony, che chiude l’album su note cupe e con un ritorno nelle braccia di una dark wave anche arrabbiata.

Caratteristiche particolari per gli sviluppi electro delle House of Tarts, che hanno trovato un buon connubio tra la fantasia sintetica e il calore della voce. Il disco non si piega a influenze univoche, ma pesca qui e là, convertendo gli impulsi in brani spesso dotati di forza notevole.

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