Esce per Infecta Suoni&Affini Ero80, il disco d’esordio de I Professori. Registrato e prodotto allo storico Natural HeadQuarter- Baricentro di Produzioni Musicali di Ferrara da Manu Fusaroli (già collaboratore di Pierpaolo Capovilla, Nada, The Zen Circus, Giorgio Canali& Rossofuoco, Le Luci della Centrale Elettrica e molti altri), è un viaggio negli anni ’80, da Maradona all’eroina, industrie di veleni che esplodono e cartoni animati, politica e narcotraffico, Rambo, Paperino e molto altro.
Un concept album che parla di una storia di tossicodipendenza ambientata nella provincia di Massa Carrara negli anni 80′. Un viaggio tra entusiasmi psichedelici e perdita della dignità sociale, sconfitte ideologiche sfociate nell’abuso di sostanze, sogni infantili e crimini politici e industriali. Il tutto sullo sfondo pop, colorato e vacuo, dei fantastici anni Ottanta.
I Professori traccia per traccia
Con una serie, più o meno allucinata, di ricordi anni ’80, Nancy Reagan apre il disco: le sonorità sono rock’n’roll, con qualche eco alla Morricone e qualche riflesso new wave.
Un po’ più lenta, forse riflessiva, Cane Malato, sorta di cantico dei tossici che si apre gradualmente e in modo suggestivo. Chitarra e altri ricordi vintage, fil rouge di tutto il disco, per Montedison, antica azienda chimica che una volta era fra le più ambite in Italia. La narrazione prende risvolti curiosi e un po’ sarcastici, tra Muccioli e Maradona.
Altro tipo di personaggi quelli contenuti in Lou Reed: il genio dei Velvet Underground aleggia su storie di SERT e panchine vuote, in un pezzo vasto e malinconico, che finisce in una poesia di Victor Cavallo, matta e disperatissima.
Attaccanti dell’URSS e rock’n’roll suicidio al centro di La Maglietta di Blochin: si esplorano i contrasti fra Oriente e Occidente e le ambiguità della Guerra Fredda in un pezzo dinamico e quasi punk.
Con un’apertura recitata in pieno stile Offlaga, ecco poi Provincia, pezzo claustrofobico che si arriccia su se stesso: le tentazioni di fuga corrono insieme alla linea di basso, che vive in piena dark wave. Ma Milano, Torino, Berlino, Parigi e Londra non sembrano che proiezioni lontane, mentre una chitarra sofferente chiude il brano.
Storie di scuola e di occupazione in Liceo Marconi, dove si incontrano paninari e yuppies, su ritmi lenti e voglia di biscotti. Il passaggio dalla chitarra alla tastiera è celebrato tra cori e urla in background.
Figli di Spock si sposta in ambito fantascientifico, anche se solo in teoria: il pezzo corre pancia a terra, parla di Jacques Brel e di Belle e Sebastien, prova a percorrere un filo sonoro intricato. Si chiude con Mondo naïf, che strombazza quasi allegra, a elencare poche esigenze esistenziali, in questa Italia banale, oggi come negli anni Ottanta.
Testi taglienti e amarissimi, suoni anche più appuntiti per un disco che non sembra lasciare speranze. La narrazione de I Professori è disperante ma il loro esordio al contrario è pieno di prospettive: un album estremamente intelligente e ben fatto, che mette in mostra un talento notevolissimo e una scrittura di alto livello.