E’ in uscita il nuovo album dei Varanasi dal titolo Cattedrali per principianti, in distribuzione digitale Believe Music Italy. Un nuovo capitolo, già anticipato dalla pubblicazione della title track e dal singolo Lucy, per la band che nasce dalle ceneri dei Japan Suicide e che prosegue il suo percorso verso un nuovo album in uscita quest’autunno in collaborazione con l’etichetta I Dischi Del Minollo, qui convivono influenze che derivano dal cantautorato rock italiano degli anni Novanta e vibes di oscurità post-punk.
Un’ambizione sproporzionata e forse non corrisposta eppure irresistibile; tenere insieme il post-punk, lo shoegaze, la psichedelia e la canzone italiana, muovere i primi passi con un nuovo progetto dopo anni di lingua inglese. Cambiare per non cambiare. Tuffarsi lentamente oppure bruciare lentamente, per sempre lassù. Forse ci si trova a Benares come gli amanti di Hiroshima, attraverso i disastri; Shiva, distruttore di mondi, signore delle lacrime; Parvati la strega, distruttrice di uomini, un’oasi d’angoscia in un deserto di stelle nere; Lady Lazarus; figli della mezzanotte, il tempo è nemico, il tempo divora. Ora mettiamoci un po’ di gente. Che cattedrale è senza la gente?
Varanasi traccia per traccia
Ingresso calmo e malinconico nell’album: Cattedrali per principianti, la title track, ha un’idea post rock di fondo che permea tutto il brano, costruito con cura. Storie di rimpianti e di catene si accumulano su strati sonori gradualmente sempre più importanti.
Ci si cala in sonorità new wave con Stelle nere, che ha un ritmo medio ma cadenzato da un drumming molto vivo. Brillano le stelle nere, con nostalgie 80s e 90s.
Tempo di cantare di Lucy, sempre tra atmosfere piuttosto cupe: i demoni hanno tutti gli occhi blu, mentre la chitarra disegna archi narrativi sotto i quali scorre una vicenda non priva di dolore.
Quasi a metà disco arriva Lady Lazarus, con riferimenti bowieani e biblici annessi: il brano più lungo dell’album si presenta con un battito regolare e molto forte, sul quale si innestano altri discorsi di chitarra.
Si celebrano danze crudeli ne L’odore della notte, che questa volta utilizza la sei corde in modo piuttosto contundente, mentre le sonorità si distendono in modo plastico tutto intorno.
Di VHS e sogni erotici si parla in Rosemary’s Baby, citazione cinematografica del classico di Polanski (ma agli appassionati del genere verranno in mente anche gli Interpol): “Non è la fine”, ci assicurano i Varanasi, mentre i suoni si fanno aggressivi.
C’è bisogno di Una storia vera a questo punto, che accentua i toni drammatici. Un locale torinese e un titolo, Hiroshima mon amour parte molto sommessa, voce e tastiere, aspettando la fine del mondo.
Invece (per ora) arriva la fine del disco, con Torneremo a prenderci, ultimo episodio profondamente malinconico, con i tamburi che iniziano a risuonare quasi a sorpresa, per un’esplorazione dal sapore di shoegaze.
Nei 33 minuti e 33 secondi dell’album, i Varanasi concentrano tutte le opzioni offerte da post rock, shoegaze e generi consimili per ottenere un lavoro omogeneo, dal sound compatto e coerente, ma sempre molto vivo e stimolante.