Quattro tracce per l’esordio di Gianluca Ghezzi, in arte ilSennodiPoi. Ghezzi lo descrive come “qualcosa che mi ronzava in testa da qualche tempo” e l’esito è Radiodrama, quattro tracce registrate presso Ampli-Fi Studio a Milano sotto la guida artistica di Elvin Betti. Lo abbiamo intervistato.

Puoi raccontare la tua storia fin qui?

Ho cominciato a suonare molti anni fa, circa all’età di 19 anni. Prima in una band punk, The Barfly’s come cantante e chitarrista, in stile Ramones con poche cover e tante canzoni nostre. Nel frattempo suonavo il basso in una band rock anni 70. Sciolti questi gruppi sono cominciati gli anni di sala prove a cercare uno stile più personale fino all’uscita di “Ok Computer” dei Radiohead che ha cancellato tutto quello che avevamo fatto fino ad allora e ci ha catapultato in un mondo tutto nuovo. Tre anni fa è nato ilSennoDiPoi come band di tre elementi.

Il tuo ep mette in mostra qualità da cantautore con sonorità contemporanee. Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali?

Sinceramente non so dirti da dove possa arrivare questa vena cantautorale, in genere non amo i cantautori se non per certe singole canzoni/capolavoro. L’unica influenza potrei accusarla da Andrea Appino degli Zen Circus che è l’unico a trovare posto nel mio iPod. Non ho riferimenti, non mi ispiro a nessuno, quando scrivo non penso mai di cercare di avvicinarmi al linguaggio di qualcuno oppure a un altro. Faccio davvero quello che mi sento e probabilmente è proprio questo atteggiamento a rendere le mie canzoni difficilmente paragonabili ad altre già sentite e vedere le persone faticare a trovare un’artista che mi somigli è davvero divertente. Sono stato paragonato a Le Vibrazioni, Negramaro, Negrita (???) e sarai d’accordo con me che non somiglio a nessuno di loro.

Sono d’accordo! Dici che il tuo progetto solista “ti ronzava in testa da qualche tempo”. Da quanto tempo? E com’è stata la realizzazione del progetto e dell’ep?

ilSennoDipoi era una band di tre elementi, con Fabrizio come primo chitarrista con me dai tempi dei Barfly’s e con Luca alla batteria. Dopo due anni ho cominciato a produrre materiale in solitudine, con riff o pezzi di brani che agli altri non piacevano. Ho cominciato a sentirmi più libero nello scrivere e suonare quando e cosa volevo senza obblighi di orari o “ansie” che quello che proponevo potesse non piacere. Così da circa un anno ho deciso di andare avanti da solo.

Dopo circa tre mesi, grazie ad un’amica, ho conosciuto Elvin Betti, un musicista/produttore con un passato di tutto rispetto, che ascoltò le canzoni in versione demo e mi propose di registrarle come dio comanda, nel suo studio. Non avevo mai pensato di poter registrare un ep vero e proprio fno a quel momento. Nell’ep compaiono “Reduce” e “Due falene” che già suonavo con la band prima di lasciarci, “A questo cielo” e “Lo zombie che ami” sono state scritte da solista.

In tutto questo mi diverte raccontare che Elvin mi chiese di sostituire una canzone (effettivamente troppo lunga e pesante per l’ep) con un’altra più leggera e di facile ascolto come lo erano le altre. Gli dissi che ce l’avevo già e che gliel’avrei mandata. Non era vero. Tornai a casa e in una settimana scrissi quella che poi sarebbe diventata “Lo zombie che ami”.

Come nasce “Reduce”?

Mi fa piacere che mi chiedi proprio di Reduce, perché è la canzone a cui tengo di più e anche in fase di produzione volevo rispecchiasse in pieno quello che avevo in mente: una cadenza marziale con il peso di un carro armato. “Ti dico solo che le chitarre hanno un volume troppo alto per lo standard” disse Davide il fonico. Ed è quello che volevo.

Reduce è quello che siamo quando tutto finisce e tornando alla vita precedente non troviamo più nulla e nessuno. Come un soldato che al suo ritorno non trova più l’asilo o la scuola dove andava da bambino, o casa sua e i suoi famigliari. Che sia la fine di una storia d’amore o meno, spesso passiamo momenti come solitudine, senso di abbandono, nostalgia, lutto, rabbia, rinascita e “vendetta” e inserire tutte queste fasi in una sola canzone è stata una sfida a colpi di lima su ogni singola parola.

Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

In Radiodrama, oltre ad aver cantato e scritto tutte le canzoni, ho suonato tutte le chitarre presenti, elettriche e acustiche. Per le elettriche mi sono affidato a una Fender Telecaster e una Schecter Corsair semi acustica, mentre per Due Falene ho utilizzato una Fender Sonoran tutte di mia proprietà. Per le parti di basso mi sono affidato a Mattia Bonifacino (bassista nel tour di Levante) e Ivan Barassi (in “Lo zombie che ami”). Alla batteria Elvin Betti, già batterista dei Negazione e tuttora batterista di Alessio Bertallot. A parte questa sezione base sono stati aggiunti pianoforti e sintetizzatori ad abbellire e/o riempire alcune parti, suonati dal buon Elvin.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?

Sicuramente i Tre Allegri Ragazzi Morti per i temi che trattano e perché hanno la capacità, soprattutto dal vivo, di catapultarti in un mondo parallelo. E a dirti la verità molte delle loro canzoni avrei voluto scriverle io. Gli Zen Circus, per la loro immediatezza e semplicità e stimo molto Appino come autore. I Sick Tamburo per il suono e la semplicità dei riffs.

Visto che l’ep è uscito da qualche tempo, sei già al lavoro su altre idee? Puoi anticipare qualcosa?

Una canzone è già uscita, si chiama L’Ortica e si trova su youtube. Altre tre canzoni sono in fase di chiusura. Inoltre ho partecipato alla colonna sonora per un cortometraggio dedicato a David Lynch. Purtroppo a ora posso solo produrre demo casalinghi finché non trovo il modo o una buona anima disposta a distribuire l’ep e/o produrre nuovo materiale.

IlSennoDiPoi traccia per traccia

ilsennodipoiC’è qualche traccia del Rino Gaetano de “Il Cielo è sempre più blu” nella traccia di apertura dell’ep, Lo Zombie che ami, una volta superata l’introduzione che fa comprendere meglio il senso del titolo del disco. C’è soprattutto un atteggiamento da cantautore/cantastorie, coniugato con suoni elettrici ed elettronici. Voci sconnesse sul fondo chiudono il pezzo (e in effetti, se fai via Tortona a Quarto Oggiaro, non viene nessuno).

Più compatta Reduce, figlia di un rock tirato e determinato. Il pezzo mescola discorsi personali e universali, con un ritmo medio ma il volume settato a livelli piuttosto alti. Si ammorbidisce un po’ l’atmosfera con Due falene, che però ha un testo ricco di spunti amari, con qualche inserimento strumentale che allarga le prospettive del brano.

Si chiude con A questo cielo, che scende su questioni personali e interpersonali in un ambiente sonoro piuttosto cupo, con i legami con Gaetano (ma anche con Loretta Goggi) esplicitati a livello di citazione.

Progetto interessante, quello di Gianluca Ghezzi/IlSennoDiPoi, in grado di osservare la realtà e di coniugarla con sonorità contemporanee. L’ep fornisce un buon assaggio delle capacità del cantautore, che riesce a essere ironico, amaro e crudo quando è necessario.

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