Si chiamano Hard Reset e suonano insieme da qualche anno: il trio composto da Sergio Strada (voce e chitarre), Luca Murano (basso) e Mauro Macchia (batteria) si è espresso in termini rock con Machinery & Humanity, uscito qualche tempo fa, che puoi ascoltare qui:

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Abbiamo rivolto qualche domanda al trio.

Potete riassumere la storia della band fin qui?

Luca – la band nasce ufficialmente nel 2011. Io e Sergio, lombardi d’origine ma toscani d’adozione, ci conoscevamo da un annetto. Sergio aveva alle spalle anni di progetti “major” e aveva, …dice definitivamente, appeso la chitarra al chiodo. Con un po’ di fatica riesco a “tirarlo in mezzo” in un progetto al quale avevo appena dato vita. Io al basso come al solito, lui spolvera la chitarra e…così, senza troppe pretese, per amore della musica, si inizia.

Ma è quando abbiamo incontrato Mauro, batterista con tanta esperienza in diverse formazioni fiorentine, che, di lì a poco, le cose si sono fatte serie.

Avendo passato da un pezzo la nostra adolescenza, tutti e tre avevamo il nostro background musicale, gusti musicali affini ma non speculari, stili e proprietà tecniche molto differenti, ma una cosa ci ha sempre legati: la voglia di suonare, di rimanere in qualche modo incollati alla musica, non solo come fruitori ma anche e soprattutto come attori protagonisti.

Le nostre prove si sono presto trasformate in intense e appaganti sfuriate, finivamo fradici di sudore ma contenti del baccano prodotto. E poi le serate continuavano al pub, o semplicemente in giro per Firenze fino a tarda notte, cementando sempre più un’amicizia che fra inevitabili alti e bassi va avanti bella sincera tutt’ora.

Nel giro di un anno, nel corso del quale Sergio si è anche “impossessato” del microfono, avevamo già scritto 4 brani più uno strumentale che sono finiti nel nostro primo ep autoprodotto “Hard Reset”.

Più o meno da lì è iniziato tutto: abbiamo cominciato a suonare in giro, prima a Firenze, poi in tutta la Toscana e poi un po’ ovunque in Italia. Il lavoro di scrittura è andato avanti, parallelamente all’attività live, così, ci siam trovati con un bel po’ di pezzi che qualche mese fa abbiamo inciso a Pistoia, presso il MathLab Studio. Poi l’incontro, decisivo, con la Sliptrick Records che ha creduto in noi e nel nostro primo lp: “Machinery & Humanity”.

In tempi di musica che scappa un po’ in tutte le direzioni, avete deciso di puntare su un rock puro, semplice e diretto. Molti fanno dischi brevi e voi sparate lì 15 tracce: casualità oppure amate proprio andare controcorrente?

Luca – Diciamo che non ci siamo posti ‘vincoli’ discografici. Nessuno ci ha mai imposto nulla, ma tutto e fluito spontaneamente. “Machinery & Humanity” è la fotografia di quasi cinque anni passati assieme, ognuna di quelle canzoni ha il suo posticino speciale in questo arco temporale ed ecco perché scelta di dare spazio a ben 15 tracce

Sergio – Ciò che si può ascoltare nel nostro lp è, a mio modo di vedere, è un rock diretto e di facile ascolto, ma contaminato da sfumature alternative, indie, post rock e punk. Questo è il risultato della media geometrica di 3 stili diversi, di 3 gusti musicali simili, ma non uguali. In maniera assolutamente spontanea e naturale alcune tracce sono state scritte e arrangiate ex novo, altre sono invece state riesumate dai cassetti polverosi.

Ci sono canzoni scritte 6 mesi fa, altre scritte 10 anni fa e riarrangiate tutti insieme in sala prove. Volevamo che “Machinery & Humanity” fosse un’istantanea del lavoro fatto insieme in questi anni. Qualcosa che fosse a beneficio prima di tutto di noi stessi. Ci piace l’idea di riascoltarlo tra qualche anno e ricordarci chi eravamo. E per farlo forse 15 tracce sono anche troppo poche…

Quali sono state le difficoltà maggiori che avete incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?

Luca – la sua lunghezza, croce e delizia, ci ha costretti giocoforza a moltiplicare gli sforzi e a conciliare la musica con i nostri impegni professionali dato che tutti e tre lavoriamo e suoniamo. La vita in ‘studio’ è divertente e suggestiva ma può essere anche stressante. Comunque, vissuta fino in fondo, l’avventura che ti porta a registrare un disco è un po’ come viaggiare: è un percorso che alla fine del suo ciclo ti arricchisce sempre e ti lascia cicatrici ‘buone’ sulla pelle, di quelle che ti porterai sempre dietro, per tutta la vita.

Sergio – credo che le tante sfumature stilistiche e le tante tracce siano state un problema di pre-produzione e di suoni. Bisognava trovare un filo conduttore, un denominatore comune per evitare il “macedonia style”. Abbiamo dovuto curare molto i suoni di chitarra. Essendo un trio, rappresentavano l’unico amalgama possibile i brani. Speriamo di esserci riusciti…

Hard Reset: paura di diventare grandi

Come nasce “Monkey Seeking”?

Sergio – Questa canzone nasce 3 anni fa, durante una “crisi” con quella che poi è diventata mia moglie. Il testo narra di una classica “crisi di Peter Pan”, quella paura di diventare grandi che colpisce sempre di più giovane e meno giovani. Il concetto ricorrente in tutto l’album è la “crescita”, intesa sia come persone, sia come società. Per questo abbiamo ritenuto giusto riarrangiare questo pezzo in chiave rock-punk e inserirlo nell’album.

In origine, infatti, il pezzo era stato registrato nel mio piccolo studio casalingo con chitarra acustica percussiva (alla Newton Faulkner) e pianoforte. Essendo però un testo molto personale, avevo deciso di tenerlo per me… E puntualmente è diventato un brano punk-rock!

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Sergio – per la realizzazione di Machinery & Humanity ho usato principalmente 3 chitarre:

– una Fender Stratocaster Plus Deluxe del 1991 con Pick up modificati accordata standard

– una Schecter Solo 6 in accordatura di MI aperto

– una Gibson Les Paul Studio in accordatura DROP D

Le tre bimbe passavano attraverso 3 differenti distorsioni (Marshall Bluesbreaker, Carl Martin Plexitone e Ehx BigMuff). Ho usato tanto delay, tremolo e phaser per “inspessire” il suono e far variare le atmosfere. Il tutto entrava nella testa di un combo Fender Deluxe 120W e usciva su una cassa 4×12 Marshall.

Luca – io ho registrato tutto con un Gibson Thunderbird e per le distorsioni presenti nell’album ho utilizzato un effetto Darkglass Microtubes B7K. Mauro, invece, ha suonato sulla sua amata batteria DW e piatti Sabian

Chi è l’artista indipendente italiano che stimate di più in questo momento e perché?

Per ‘intenzioni’ e line up, direi Ministri e Zen Circus. Non cantano nella lingua di Albione come preferiamo fare noi, ma sono artisti ‘indie’ che stimiamo e che in qualche modo sentiamo affini, specialmente nella scelta dei suoni e, soprattutto, nei volumi belli ciccioni..

Fra gli altri artisti indipendenti italiani che apprezziamo, menzione d’onore anche per Ofelia Dorme, Gazebo Penguins, i Cani e i nostri compagni d’etichetta Celeb Car Crash.

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