Uscirà il 20 gennaio l’album omonimo di Della Vita Della Morte, il primo lavoro del nuovo progetto di Max Zanotti e Dj Myke. Zanotti, ex Deasonika e Rezophonic, ha incontrato Dj Myke anni fa e ha collaborato alla realizzazione di Hocus Pocus, disco solista con molti ospiti di Dj Myke.
Ma qui il discorso è differente: quattordici brani che rivestono di elettronica ed elettricità una sostanza cantautoriale. Ma i suoni non sono integralisti né troppo attenti ai confini, anzi le barriere fra i generi cadono allegramente.
Dopo il frammento In ogni luogo parte Spot, che apre con ritmi simil-dance e con le voci dei tg (di La7), per poi introdurre un cantato e una struttura di canzone che fa pensare ai Subsonica. Le tematiche affrontate sono quelle dell’attualità, e altrettanto attuale è il suono del pezzo.
Geniocidio introduce in modo sommesso, per poi alzare i toni in un secondo tempo, in particolare quando arriva l’inciso rap di Rancore. Nuvole di pietra ha un andamento lento e procede sul panorama apocalittico disegnato dal testo, mentre la musica del brano si muove tra dub ed elettronica.
Della Vita Della Morte, la canzone eponima (cioè la title track che però è anche il nome del duo, un po’ come succedeva con i Living in a Box o i Curiosity Killed the Cat. Ok, lasciate stare) è un pezzo morbido ma non spento, anzi con una certa vibrazione intima piuttosto spinta.
Non ne sbagli una gioca con i sottovoce, procurando però un tappeto sonoro elettronico contenuto ma ricco di suoni, come un insistente coro infantile che funge da trait d’union per tutto il brano.
Si va sul minimalista con Playmobile, che inneggia alla fuga oltre che agli omonimi giocattoli un po’ rigidini che tante infanzie hanno rallegrato.
E infine, il grande ritorno dello scratch: preparato da tutto il disco, si concretizza in maniera conclamata in Sembra che io voli via, che ha una forte sostanza soul non troppo nascosta dagli sfregamenti vinilici.
Qui mi fate male, con Elisa Begni, rappresenta una battaglia sonora che fa scontrare molti elementi differenti con risultati rumoristici e melodici sorprendenti.
Tutti vogliono uccidere tutti parte con una filastrocca e procede con una sorta di climax interrotto dal refrain, con ancora qualche idea di scratch ma anche con un’architettura importante a sostenere suoni e pensiero.
Il nuovo Charlot non urla particolarmente ma ha ritmi alti e molto sottolineati dalle percussioni, con sample di fiati e archi a fare da contorno.
Tasti bianchi e neri aprono con protervia Figlio buono, di nuovo su tappeti soul e hip hop ma anche con dinamiche interne molto “alternative”.
Si arriva così alla cover di Beautiful, brano portato al successo da Christina Aguilera: la versione del duo è piuttosto favolistica ma anche rispettosa dei canoni pop da cui si parte, finendo per collocarsi in una terra che sta a metà tra i Depeche Mode recenti e l’Elton John d’antan. L’ultima traccia è Ti ucciderò all’alba, che già all’epoca di Hocus Pocus rappresentò l’incontro tra Zanotti e Dj Myke.
Un disco dai suoni importanti, un (re)incontro di alto interesse e anche con percentuali di innovazione da non trascurare. Le due sensibilità differenti del duo danno vita a una combinazione e a scontri a volte prevedibili, a volte meno, ma comunque meritevoli di attenzione.
I risultati melodici piacciono, quelli ritmici anche di più, e a completamento del discorso c’è un’attenzione ai testi cui già si faceva cenno: in parte cantautori, in parte portatori di un atteggiamento hip hop, comunque attenti alla realtà. Un vantaggio significativo, per chi fa musica.