EvilMoodsCoverHiResTerzo e nuovo disco per i Movie Star Junkies: esce oggi Evil Moods, sostanzioso lavoro del quintetto composto da Stefano Isaia (voci, organo), Caio Miguel Montoro (batteria), Vincenzo Marando (chitarre, voci), Alberto “Boto” Dutto (chitarre), Emanuele “Nene” Baratto (basso).

Le dieci canzoni sono state mixate a Berlino, da Maximilian Weissenfeldt di Heliocentrics e Whitefield Brothers ad alcune percussioni. Dieci tracce che a volte sanno di vintage e a volte no, ma di sicuro che non hanno tracce di paura o ritrosia alcuna.

A Promise ci fa capire fin da subito su quale tipo di mondo siamo precipitati: la batteria è concitata e le atmosfere dal sapore psichedelico, ma senza farci affogare senza mediazione in nebbie troppo fitte.

Three Time Lost prosegue discorsi corali ancorandosi a un terreno piuttosto blues, ma nel corso dei tre minuti e mezzo del pezzo la band ci conduce a esplorare sentieri diversi e articolati.

Molta aggressività accompagna Please come home, con una chitarra percussiva ed eccessi di rullante: il muro del suono che i ragazzi costruiscono nella fattispecie non è privo di elementi di originalità.

Rising ammorbidisce in parte i toni, attenua la tendenza a uscire dagli schemi, optando per linee più convenzionali. Echi profondamente 70s e anche alcuni fiatio molto vintage risuonano in Jim Thompson, dedicata allo scrittore noir americano, inventore fra l’altro di Ironside e sceneggiatore dei primi film di Kubrick.

Molto robuste le strutture di A Lap Full of Hate, altro convincente tour in sonorità antiche. Drumming fantasioso ed evidente punteggia anche In the Evening Sun, che prosegue la linea vintage con un tocco di malinconia in più.

All Sorts of Misery al contrario si affida a chitarra e voce per un discorso dal ritmo piuttosto assertivo, permeato da atmosfere da saloon, polvere e speroni.

Poi parte il treno che si chiama Red Harvest, inseguito probabilmente da fuorilegge del West (il titolo del pezzo fa riferimento all’omonimo romanzo di Dashiell Hammett, altro scrittore noir americano, autore fra l’altro del “Falcone Maltese”). Pezzo robusto, anche sfacciato e senza mezze misure.

Non che ce ne siano, in questo disco: anche Move Like Two Ghosts, trasposizione di una poesia di Dylan Thomas, piace per la sua sfrontatezza e per l’utilizzo della chitarra sia dal lato morbido e melodico, sia da quello più volitivo.

Un lavoro brillante, ricco di citazioni sonore e testuali, dall’essenza divertente ma senza perdere d’occhio ciò che succede nella contemporaneità, dentro e fuori i confini patri.

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