Poco più di un anno dopo Restate umani, secondo disco dei campani Freak Opera, nati nel 2010 ma che dal 2013 sono composti “da sei elementi più un medico condotto” come recita la bio ufficiale.
Il nuovo lavoro si intitola Il libro nero della rivoluzione ed è sicuramente un discorso che ha il rock come fondamenta ma anche svariati elementi d’autore a completare l’architettura.
Parte molto piano Action for happiness, ma è evidente che non è tutto lì: la canzone è in crescita e aumenta d’impatto e intensità a ogni onda.
Ritmi allegri e tzigani per Paura del sangue, con violino, assonanze ska e tutto il resto. Le dosi di ironia, spesso amarognola, distribuite nei testi rendono il disco anche più sferzante.
Fino a domani incide subito in carne viva, tiene alto il livello di aggressione sia a livello musicale sia quanto a scelte lessicali. Leggera come una piuma è una morbida cavalcata elettrica, malinconica e piena di echi.
Mille volte baciami è una sorta di Besame Mucho moderna, con chitarre e volumi alti, ma anche con una certa sensualità di fondo. Creditori della domenica illustra una simpatica situazione familiare finendo in dialoghi elettrici in cui però il violino trova ancora i propri spazi.
Gli anni migliori si nasconde dietro una finta serenità, mentre La Grandeur ha un piglio da folk irlandese e una vitalità conseguente. Le gerbere si dirige su campi differenti, tra umor nero e impressioni in stile Talking Heads.
Avere 90 anni conclude il discorso senza far diminuire né l’energia né il senso complessivo del lavoro, anche se è ovvio che un viaggio del genere si debba concludere per forza con un naufragio.
Il disco corre in fretta e lascia un’ottima impressione complessiva. Le canzoni sono intelligenti ed eseguite con cura; quando all’energia si unisce la perizia nel suo utilizzo i risultati sono ottimi, come in questo caso.