Arrivano da Correggio, ridente provincia emiliana ricca di presenze artistiche, e navigano in mari di varia natura: i Blanc Noise pubblicano Mar dei Mai e cercano una propria collocazione nella mappa del rock italiano.
La title track Mar dei Mai apre il disco con un rock-pop piuttosto irruente ma giudizioso. C’è qualche approfondimento e qualche deviazione da un percorso rettilineo all’interno di Alla Strada, con un buon dialogo fra chitarre.
Percussioni sghembe aprono San Giorgio, che ha un testo piuttosto criptico (storie di calzini appaiati e di mattine colorate di nebbia). Sara Tempesta porta in dote l’inevitabile (o no?) citazione vendittiana in un pezzo che vede un ottimo lavoro di basso.
Si accenna a una nota lirica con Un chirurgo per l’aumento della memoria, distesa sui toni della ballad acustica. Molto più incisivi i toni de Il Tagliaponti, mentre si accenna a variazioni tra progressive e math rock in Disse il Vento che.
Si torna a temi marinari con Marea, costruita su strutture non rettilinee e, anche qui, con influenze che variano dalla dark wave al mathcore.
Ho tolto tutti gli specchi può richiamare qualcosa del rock italiano degli anni Novanta, ma con basi molto robuste e tirate. La chiusura è affidata a Vendi cose che non hai, che attraversa fasi differenti, passando di sonorità in sonorità e mostrando un eclettismo notevole.
Qui e là si può coltivare qualche perplessità sui testi e sul cantato, ma le doti musicali della band sono piuttosto chiare. Risultano più convincenti e interessanti quando corrono a briglia sciolta, ma hanno il tempo e l’energia necessaria per correggere qualche sbavatura di gioventù.