Il primo novembre uscirà in free download su Bandcamp Australe, il nuovo lp degli Uyuni (inutile dire che TraKs l’ha già recensito, ben prima che chiunque altro abbia anche soltanto pensato di farlo). Per allora vi ricorderemo e vi linkeremo al free download, ma per esplorare meglio il lavoro a base di folk psichedelico, abbiamo intervistato la band.
Che cosa è successo nei quattro anni dal vostro esordio?
Nicola: Questa è una bella domanda, che anche io provo a pormi ogni tanto.
Fare un riepilogo è un lavoro mnemonico non da poco, ma ti ringrazio della domanda, che mi dà l’occasione per fare un po’ di ordine.
Innanzi tutto abbiamo fatto un certo numero di live in location e circostanze molto diverse tra loro: ci sono stati i club, qualche esibizione in teatro, sonorizzazioni di reading e mostre d’arte, e, più recentemente, anche la partecipazione alla colonna sonora di un film di prossima uscita.
Poi ci sono gli altri progetti musicali a cui ognuno di noi si è dedicato. Per esempio io (Nicola) ho collaborato alla registrazione del nuovo disco di Brace (mio carissimo amico di lunga data), e suonato con lui dal vivo per qualche mese.
Inserirefloppino è un noto maniaco iperattivo, e, oltre al suo progetto omonimo, milita anche nelle band Onferno e San Leo. Alice, che è certamente la più “professionista” tra i tre, si dedica alla composizione di musica classica contemporanea.
In più ci sono/sono stati i nostri lavori “ufficiali”. Infine, soprattutto, amiamo fare le cose con calma.
Devo ammettere, mio malgrado, che questa attitudine a volte sfocia nell’eccesso e nel perfezionismo autodistruttivo, ma, in generale, crediamo nel far depositare le cose, e nell’usare il tempo per crescere e per approfondire.
Potete descrivere qual è stata l’atmosfera che ha accompagnato la composizione del disco?
Nicola: Nel corso degli anni, abbiamo assemblato un piccolo studio di registrazione casalingo che, fin dalla nascita del progetto Uyuni, abbiamo cercato di usare come vero e proprio strumento per la composizione.
Questo fare le cose in casa per noi è sempre stato molto importante e penso sia stato una componente fondamentale di Australe. Ogni brano ha avuto una genesi diversa, ma, in generale, tutti hanno poi dovuto fare parecchi passaggi tra registrazione e sala prove prima di avere una forma definitiva.
Alcuni sono costati anche qualche notte dal sonno difficile.
Ci piace pensare al nostro fare musica come come un atto di trasposizione delle esperienze più diverse all’interno di un mezzo che amiamo e che ci è familiare, Potrei dirti che alcuni viaggi, alcuni film, o alcuni libri, hanno contribuito tanto quanto i nostri ascolti musicali, alla nascita di Australe.
Più che un punto di arrivo, un disco è il diario di un percorso che si è fatto.
Trovo che i brani dell’album abbiano spesso un andamento piuttosto simile: si parte da un’atmosfera più rarefatta e via via si aggiungono sonorità, come a completare un puzzle. E’ una scelta voluta oppure è semplicemente capitato così?
Nicola: La stratificazione che ci piace utilizzare come espediente per lo sviluppo dei brani ha sia un motivo concettuale che uno performativo.
Il motivo concettuale è che siamo sempre stati affascinati dalla musica tradizionale (o folk che dir si voglia), soprattutto quella di stampo modale.
La circolarità e la sovrapposizione di voci, che arricchiscono e modificano progressivamente il senso di una semplice frase di partenza, è un denominatore comune di molte forme di musica “primitiva”, da quella a stampo religioso, allo storytelling del folk più popolare.
In questo senso, alcuni concetti più contemporanei come “psichedelia” o “minimalismo”, a mio avviso, erano già in buona parte contenuti in musiche molto più antiche.
Dal punto di vista performativo, la maggior parte dei brani di Uyuni, fanno largo uso di live looping. Con il tempo abbiamo cominciato a usare i loop come l’elemento aggiunto della band.
Trattandosi di registrazioni fatte dal vivo e poi ripetute in maniera circolare, la stratificazione è in qualche modo connaturata al loro uso. Attualmente siamo tre musicisti, ma, con l’utilizzo dei loop, siamo in grado di costruire trame sonore molto più complesse della somma di tre parti.
Mi incuriosisce molto la copertina del disco: potete spiegare che cosa rappresenta?
Inserirefloppino: La copertina è un collage non digitale fatto anni fa da Inserirefloppino.
Subito dopo aver finito le registrazioni ci siamo messi a cercare un’immagine che rappresentasse l’atmosfera del disco e appena imbattuti in questo lavoro ci è venuto automatico usarlo.
Troviamo che sia una buona sintesi di come due cose così diverse, ovvero il mare (la tradizione) e l’oggetto geometrico (il contemporaneo), possano convivere tra loro per creare qualcosa d’altro.
Ci sembra che sia una buona rappresentazione del nostro intento in musica: unire ingredienti tipici della tradizione folk (chitarra in stile fingerpicking e struttura canzone dilatata) a ingredienti più contemporanei (loop, elettronica e stratificazioni) cercando di creare un suono che si muova in due direzioni contemporaneamente, scavando nel passato come radici, e protendendosi verso il futuro come rami.
