Dopo Introspettri (2010) e Camera Oscura (2014), il 28 novembre la band milanese Medulla presenta il suo nuovo lavoro, Al di là del buio. Già dal titolo si intuisce il cambio di rotta rispetto agli album precedenti, un percorso che porta Michele Andrea Scalzo (voce e chitarra), Carlotta Divitini (tastiere), Federico Calvara (basso) e Giuseppe Brambilla (batteria) a dismettere gli abiti scuri e le atmosfere dark, a far cadere le tenebre e a guardare che cosa succede quando la luce ne fuoriesce.
Il risultato sono melodie e testi più immediati e sonorità ammorbidite, godibili dal primo ascolto, senza però snaturare l’essenza della band, che nelle sette tracce che compongono l’album ci accompagna oltre l’orizzone degli eventi, in cui la realtà è condita da una sana dose di speranza.
Medulla traccia per traccia
Si parte con Al di là del buio, title track e singolo che, non a caso, ha anticipato l’uscita del disco. E’ un pezzo orecchiabile, all’apparenza leggero, ma che lascia spazio a riflessioni più profonde. Un pezzo alla Gazzé, insomma, che arriva dove ogni ascoltatore ha posto il proprio limite. E il limite, per i Medulla, è quello di un amore che si ferma a sognare apaticamente, di passare le notti senza i vestiti addosso, in modo meccanico, senza riflettere sul senso reale dei propri gesti. Non sarà semplice andare oltre, ma l’alternativa c’è ed è possibile, “Come quelle luci noi ricominciamo a danzare/andremo fino all’alba/ma questa volta come non abbiamo fatto mai”.
Cambio di atmosfera ma non di contenuto per Guarda in alto Anna, pezzo più improntato sulla denuncia della condizione del Belpaese, ma che continua a mantenere la speranza per il futuro. Percezione dello stato delle cose e soluzione per vivere il presente nel modo migliore possibile, perché la tua mente grida ed è necessario ascoltarla. “La deriva di questo popolo è imbarazzante/non siamo in grado di cambiare in settant’anni/tu guarda in alto Anna”.
Non è colpa mia è forse il miglior pezzo dell’album. L’equilibrio tra il rock e l’elettronica è perfetto, non forzato, e si sposa benissimo con il testo. L’atmosfera ritorna a essere vagamente noir, in questa luce/gli occhi fanno male/io non riesco a guardare, ma il desiderio di riscatto, di mettere a tacere il mostro nell’armadio si percepisce in ogni parola. Tu mi vieni a dire che la mia verità non ha valore/io non so più cosa pensare/ma non è colpa mia/io non mi scuso.
L’orizzonte degli eventi ci regala un nuovo punto di vista, per uscire dalla gabbia dell’abitudine, dentro la quale resistiamo come vecchi acrobati, mantenendo corpo e anima in ingrate posizioni. L’idea di luce che entra e scompiglia i punti di vista ritorna, illumina il volto della realtà, fa cadere maschere e alibi.
Ed è la volta di You are my greatest thing, cantata insieme a Naima, voce dei Black Beat Movement e degli Artchipel Orchestra. Il testo è morbido, e il sound ricorda vagamente l’atmosfera trip hop dei Morcheeba anni Novanta. E’ un amore senza storia, una passione senza contenitore, in cui conta solamente ciò che si prova insieme, la sensazione di complicità.
L’idea che ho di me è il processo di allontamento dal giudizio di sé stessi, l’abbandono delle sovrastrutture e una nuova consapevolezza, che non porta il peso e le cicatrici delle esperienze vissute. Percepivo un corpo/continuava la sua vita/con un nuovo passeggero/e un bizzarro comandante.
Ultima traccia è Epilogo. Il titolo trae in inganno, perché non è la fine il tema principale, bensì la rinascita, il tornare a galla dopo aver toccato il fondo. Pianoforte e synth creano la giusta atmosfera, e accompagnano in questo viaggio in cui la fine, il superamento del limite, coincidono con una presa di coscienza che porterà necessariamente ad un nuovo inizio. Smetti di nuotare/accetta di affogare/ e lascia che cada il mondo intorno a quel che ormai è andato/ cada il mondo intorno al fuoco del passato.
Al di là del buio è un disco introspettivo, volto alla ricerca del superamento di sé stessi e delle gabbie che ci costruiamo intorno, ma che non dimentica di dare uno sguardo al contesto in cui siamo attori. Un disco ben scritto e ben arrangiato, che dimostra la crescita della band, che dopo aver accantonato le sovrastrutture gotiche, avrà senza dubbio presa anche su una nuova fetta pubblico.
Chiara Orsetti