Il colore degli inverni è il secondo lavoro in studio della band sarda Mildred, registrato al Soundroom Studio di Alghero. Dieci brani per un disco d’impatto che lega una scrittura di stampo cantautoriale all’energia tipica dei suoni e della scena alt-rock americana.
Mildred traccia per traccia
C’è molto rumore all’inizio del disco e con la partenza di Ancora (giocata sull’ambiguità tra àncora e ancòra), un’apertura molto rock con molte chitarre, cui fa da contrasto una voce evidentemente piuttosto giovane.
E’ roboante anche Benjamin Button, che tuttavia si concede anche ritmi leggermente più calmi, ma senza privarsi di un fondo di rabbia.
Je suis Figaro si annuncia piuttosto teatrale fin dai primi passaggi, con un suono stratificato e un’ispirazione un po’ queeniana (compreso il falsetto tipo Bohemian Rhapsody).
Si prosegue con Prendiamo forma, canzone di crescita e di rumore, che conta anche su un drumming che prevede interventi curiosamente da dance 80s, in quadro invece sempre molto rumoroso.
Giro di basso interessante quello di Muoiono gli eroi, ballad di stampo molto classico, con uscita rumorosa e corale.
Qualche istinto rock-dance emerge da Salta, che è sicuramente stata scritta con l’intento di movimentare un po’ i concerti della band.
Si rientra in una zona di calma con Il colore degli inverni, title track ma anche, francamente, fra le più trascurabili del disco.
Dio chi è risuona un po’ più altisonante, con molte chitarre, qualche falsetto e qualche risata, a rimettere al centro la capacità di interpretazione della band.
Si rimane sul religioso, almeno quanto ad aggancio, con Amen!, power ballad abbastanza voluminosa. La chiusura è quella di Venirne fuori, altro brano potente e dai volumi molto alti.
C’è una tigre che fuma in copertina del disco dei Mildred: qualunque cosa intendessero simboleggiare, il connubio fra potenza, una certa originalità e qualche stranezza è ben rappresentato, per un disco nel complesso convincente.