La Canaglia pubblica Bitterpop, album d’esordio da dieci canzoni tra indie contemporaneo e cantautorato d’ogni epoca. Il progetto nasce nel 2013 a Firenze dove, insieme ad altre realtà fiorentine, fondano l’associazione Fiore sul Vulcano, che condivide con il gruppo la volontà di risvegliare in città la passione verso lo spettacolo live, verso la canzone italiana e verso un ascolto consapevole e mai passivo.
Il titolo dell’album vuole richiamare l’atmosfera dolce-amara di certi brani e dare un’indicazione sullo stile comune a tutti questi, dove all’influenza di cantautori classici, si uniscono tonalità musicali vicine alle prove più originali della scena pop italiana e del rock anni Sessanta.
La Canaglia traccia per traccia
Si apre con la languida e decadente Bohéme: i riferimenti più o meno pucciniani si mescolano con qualche tendenza indie e cantautorale antica e recente. In movimento maggiore Le Forme, che si chiude addirittura fischiettando. Le Canzoni Tristi torna a modi più dimessi, in un movimento a risacca orchestrato su una linea di basso piuttosto guizzante, presto duplicata da una chitarra elettrica altisonante.
Tardavera conserva un mood un po’ désengagé, con il fantasma dei Baustelle che arriva fino a un certo punto del tratto di strada, lasciando poi spazio a digressioni molto più rock, con qualche sensazione psych nel finale. Segnali invisibili parte da un ritmo consistente della batteria, cui poi si aggiungono basso e tastiere, per una delle canzoni più “robuste” del disco.
Fatalismo e idee morbide quelle di Pazienza, mentre Magnetite si fa intensa fin dalle primissime battute. Anzi, il pezzo adotta un beat che sembra rifarsi a un certo pop anni 80, ma con un atteggiamento rancoroso più recente. Orfani di Guerre coniuga elettricità, drumming ruvido e un pianoforte che stempera leggermente le sensazioni più crude, parlando di attualità (ma siamo sicuri che le droghe leggere droghino male?)
Centrale di coincidenze allunga le anse, in un percorso lento e malinconico, evidentemente autobiografico. Si chiude con La Rambla, un po’ alcolica, minimal e di nuovo malinconica.
Disco buono e intenso, quello de La Canaglia, che riesce a riempire di senso e di significato le proprie canzoni senza prendersi mai troppo sul serio. Le dieci canzoni dell’album hanno colori piacevoli nonostante un umore non sempre scintillante.