Con l’umile ma malcelata ambizione di fornire ai lettori di TRAKS qualcosa di “diverso”, che si possa leggere accanto, insieme, sopra e sotto la musica che accompagna le nostre giornate, questo agosto abbiamo deciso di proporre o riproporre alcuni articoli monografici che abbiamo scritto in passato, per lo più su altre testate, e che non volevamo andassero persi. Letture estive, ma anche per ogni stagione.

Chi, Neil Young? La leggenda del rock, ma anche del folk, qualche volta persino del country? Quello di Lotta Love, quello che suona quel meraviglioso assolo di chitarra su Cortez The Killer? Massì, il tizio che cantava e suonava con Crosby, Stills, Nash. Quello che per un po’ è stato conosciuto anche come “il Padrino del grunge”, sia per la sua influenza, sia per i suoi rapporti con gruppi come i Pearl Jam.

Brutto carattere, molti litigi con un sacco di gente, posizioni pubbliche piuttosto scomode, ma si può sempre contare sulla genuinità della sua musica: la chitarra, a volte elettrica, a volte acustica, e la voce, così naturale.

Forse. Non sempre. C’è stato un momento in cui Neil Young è stato influenzato dai Kraftwerk. I Kraftwerk? Quattro tizi tedeschi che negli anni Settanta hanno sostanzialmente inventato la musica elettronica.

Con sintetizzatori, vocoder e altri aggeggi hanno iniziato a pubblicare una serie di dischi come Autobahn oppure Trans-Europe Express che hanno dato il via alla stagione del synth pop, e hanno proposto ai musicisti alternative plastiche e via via sempre più accessibili alla musica analogica, in un’evoluzione che dura tuttora.

C’era un motivo non artistico che aveva condotto Neil a una svolta elettronica. Dopo anni dedicati alle chitarre, acustiche o elettriche, il cantautore canadese si era avvicinato a macchinari elettronici, ma non musicali. Era infatti alle prese con tentativi incessanti di mettersi in contatto con il figlio Ben, vittima di una severa forma di paralisi cerebrale.

Dicono che la musica sia una grande forma di comunicazione, e quello che Young, da padre, stava cercando di mettere in pratica, era appunto questo: trovare una forma di comunicazione, per mettere in comune qualcosa con il figlio.

Questo sforzo si riverberò sulla carriera di Young, che cambiò casa discografica approdando alla Geffen Records, di David Geffen, suo ex manager ai tempi di Crosby, Stills & Nash. Per convincerlo a firmare con la sua etichetta, Geffen mise sotto il naso di Young un contrattino che gli garantiva un milione di dollari (del 1982) ad album, nonché il completo controllo creativo dei propri dischi.

“Completo controllo creativo” è l’allitterazione più pericolosa del mondo. Non soltanto del mondo musicale o artistico, del mondo nel suo totale. Significa mettere una pistola carica in mano a un bambino e dirgli: “Ok, gioca come ti pare”.

Ci sono bambini giudiziosi che posano la pistola e prendono le biglie. E poi c’è chi usa la pistola. Tipo Neil. Mai stato uno capace di tirarsi indietro. In anni più recenti, ha attaccato frontalmente la Monsanto, ha polemizzato con MTV, Starbucks, la Apple e le multinazionali della musica digitale.

Ha litigato con Donald Trump per l’utilizzo in campagna elettorale della sua Rockin’ in the free world, ha attaccato George W. Bush (con una canzone non ambiguamente intitolata Let’s Empeach the President) e suo padre, nonché alcuni premier canadesi.

Ma ha anche sostanzialmente sostenuto la presidenza Reagan, anche se con qualche distinguo: in alcune interviste ha dichiarato che il vecchio Ronnie aveva sì fatto cose terribili, ma aveva anche avuto “buone idee”. Il che è bastato per stupire profondamente i suoi fan.

A proposito di stupore: si era rimasti a quando Geffen aveva messo sul tavolo un milioncino. Come lo aveva ricompensato, il vecchio Neil? Con un disco che fin dal titolo, Trans, si rifaceva ai Kraftwerk, nonché a un certo senso di ambiguità di fondo.

Il disco si aprirebbe anche con un pezzo come Little Thing Called Love su toni rockabilly, ma poi ecco che si parte con Computer Age, con ritmiche elettroniche e con quell’aggeggio, il vocoder, sostanziale antenato dell’autotune, che rende la voce asettica e robotica. E non è nemmeno il pezzo più curioso: cose come Transformer Man, We R in Control o Transformer Man si spingono ancora più in là.

Neil aveva comprato un synclavier, uno strumento che integra un sintetizzatore e un campionatore digitale, del tipo di quelli utilizzati, negli stessi anni, da Michael Jackson su Thriller, dai Depeche Mode su Construction Time Again e dai Genesis sul disco omonimo e su Invisible Touch. Sotto lo strato elettronico si avvertono ancora le melodie tipiche di Young, i rock incisi con i suoi musicisti classici. Ma, appunto, sotto. Parecchio sotto.

Il chitarrista dei Crazy Horse, Poncho Sampedro, che suonava con Young in quegli anni, disse, con evidente entusiasmo: “Un attimo dopo, Neil aveva sconvolto la nostra musica, sovrapposto tutta quella roba, il vocoder, strani procedimenti di sequencing, e ci aveva messo sopra tutta quella merda sintetica”.

Le reazioni al disco non furono paragonabili alla svolta elettrica di Bob Dylan, nessun gli gridò: “Giuda!” durante un concerto, per capirsi. Del resto, era il 1982 e non il 1965.

Il tradimento, per Neil, è anche un fatto di famiglia. Risalendo l’albero genealogico, è ben noto che il padre avesse avuto svariate relazioni extraconiugali. E Neil stesso non è mai stato così fedele, almeno ai generi musicali. O alle band. La sua irrequietezza lo ha sempre portato a girovagare da un posto all’altro senza sosta.

Il bello del disco è che, ascoltato con le orecchie di oggi, suona piuttosto fresco. Non è certo il migliore della lunga carriera del canadese, anzi per certi versi è fra i peggiori. Ma il tentativo di mettere insieme rock ed elettronica è esattamente sullo stesso piano di quello che fanno centinaia di band oggi, anche se con strumenti e modalità molto più raffinate dal tempo e dal gusto.

Difficile dire quanto gli esperimenti abbiano aiutato la comunicazione con il figlio, anche perché significherebbe cercare di entrare in una sfera del tutto privata.

Più facile dire come reagì David Geffen, quello del milione e del “completo controllo creativo”: dopo un altro disco e un film, Human Highway, diretto, per così dire, da Neil (“Ehi Neil, qual è il programma oggi?” “Il programma è che non c’è programma!”) Geffen fece causa a Neil Young. Chissà se poi ha dato ancora il “completo controllo creativo” a qualcun altro.

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