Il suo ultimo disco si chiama “Mietta sono io”, giocando sul suo (vero) cognome: Peligro coniuga rap e tradizione autorale in un disco che presenta anche momenti molto sofferti.
Partirei dal titolo del disco: posto che Mietta è effettivamente il tuo cognome, mi sembra ci sia molta (auto)ironia nella titolazione del disco…
Il titolo sicuramente gioca con l’omonimia con la cantante Mietta (dalla quale, tra parentesi, ancora devo ricevere un feedback sul disco :D), però oltre all’aspetto ironico, c’è anche quello serio. “Mietta Sono Io” è un album molto introspettivo, il più introspettivo che abbia mai realizzato, e un titolo del genere vuole anche sottolineare come ogni canzone che compone il lavoro rispecchi un lato di me. Questo disco è il mio identikit ed è giusto che già nel titolo questa cosa venga fuori.
Al contrario, l’album è frutto di un viaggio interiore molto poco divertente. Ti va di condividerne qualche piccola parte con noi?
Diciamo che questo album nasce dalla vita e dalle mie riflessioni attorno a essa. Sicuramente alcuni degli aspetti che ne sono usciti fuori non sono particolarmente frivoli, però tendenzialmente è la vita stessa a non esserlo. Il mio tentativo è stato quello di raccontare degli episodi della mia quotidianità che potessero accomunare un po’ tutti. C’è l’amicizia, c’è l’amore, ci sono le “rotture di scatole” della vita quotidiana… cose con cui tutti noi, ogni giorno, facciamo i conti.
Come nasce “La parte migliore” e perché l’hai scelto come singolo?
La parte migliore è la descrizione del processo di metamorfosi che ho dovuto vivere quando Milano è diventata parte della mia vita. Io vengo da un piccolo paese di provincia e, come tutte le persone che “sbattono” contro il muro della città, mi sono dovuto adattare per trovare il mio posto in una realtà così diversa da quella in cui avevo vissuto fino a quel momento. Mi sembrava un buon modo per dire chi è Peligro oggi.
Mi sembra che il tuo modo di fare rap faccia riferimento sia all’hip hop tradizionale sia al pop italiano classico. Vorrei sapere che cosa pensi della trap e dei personaggi che ha fatto emergere.
La trap non incontra il mio gusto (né mi sento rappresentato dai massimi esponenti di questo genere), ma i gusti sono gusti e lasciano il tempo che trovano. È impossibile non notare come negli ultimi anni questo sia stato il genere più gettonato in una fascia di pubblico ben precisa, quella che fino a qualche anno fa invece ascoltava quasi esclusivamente rap. Ieri toccava al rap, oggi tocca alla trap, domani chissà J
Sarai fra i protagonisti del prossimo Mei: vorrei sapere che tipo di emozione sarà per te e come ti prepari a un contesto così importante.
Sono molto felice di potermi esibire al MEI. È un contesto molto bello e importante e il fatto di rappresentare il mio genere musicale in una vetrina del genere mi emoziona molto. Mi sto impegnando per fare in modo che lo spettacolo che offrirò sia rappresentativo di quello che sono e del mio percorso fin qui. Farò del mio meglio!
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