Esce oggi, venerdì 19 gennaio 2024, su tutte le piattaforme digitali un nuovo album di Pezzopane dal titolo Sembra ieri. Un nuovo capitolo fuori per ALTI Records e Visory Records (e in distribuzione Believe Music Italy) che ci racconta l’inguaribile sindrome da Peter Pan del cantautore, e in cui convivono le storie intrecciate di cinque anni passati a Milano, proprio in quell’appartamento che aveva ispirato il primo disco di Pezzopane dal titolo Storie da monolocale. Le produzioni sono affidate a Etrusko (Luigi Tarquini) assieme a Phonez (Federico Fontana) e L’Ode (Camillo Cecere).
Pezzopane traccia per traccia
La tracklist dell’album si apre con Fare gol, che ha un assunto che rimanda a Tenco (anche se poi le citazioni vere e proprie sono tutte da Renato Zero), benché l’atmosfera sonora sia più vicina al pop anni ’80. Si parla di calcio, almeno a livello di metafora, in un brano dotato di colori e di una certa leggerezza.
Agile e dotata di sprint anche Amori Acrobatici, che allude a certe pratiche che non è sempre molto salutare praticare in pubblico. Incontri che si fanno difficili, fino agli ultimi esiti di una relazione partita in modo abbastanza “spettacolare”.
Si rallenta decisamente con Spogliati, che si veste di malinconie decisamente indie, con rimandi thegiornalistici (et similia). La già ben nota diarchia distanti/distinti (o d’istanti/d’istinti) trova esiti abbastanza espliciti nella richiesta formalizzata nel titolo del brano: “tutto è inutile nel mondo/tranne il sapore di te“.
Bassi profondi e intenzioni quasi funk quelle che si delineano in Najoleari: ci si immerge sempre di più nelle sensazioni vintage. “Anni ruggenti/leoni decadenti“: ironia e memorie si mescolano in un brano che si imbeve di nostalgie, ma senza struggersi troppo.
Al contrario, ecco Sale che è piena di struggimento. Una ballatona d’altri tempi che racconta il fatto che “ci scopriamo malmessi, più soli, perplessi che mai“. Ritmiche e dinamiche italodance più energiche si mostrano in Astronauta, che parla di universi paralleli ma alla fine si muove in mondi abbastanza concreti.
Come un gatto ha modalità un po’ più elettriche, un testo scritto in maniera più sciolta e un certo graffio che si apprezza meglio. Tocca poi a Stronzo, che parte da equivoci lessicali per celebrare poi la propria stronzaggine e la sua efficacia nella relazione.
Una bella immagine quella con cui apre Valery (“Stasera non esco/ho voglia di vomitarmi nudo addosso“): l’illusione che la canzone sia dedicata all’omonimo poeta francese dura poche battute, invece stiamo parlando di una tizia che forse un giorno capirà. Il brano ha peraltro qualche sussulto sonoro e qualche apertura orchestrale, ma rimane sempre discretamente zuccherosa.
A chiudere ecco Milano, “una sirena che ti chiama quando tutto ciò che hai non basta più“: una critica radicale e spietata della metropoli, condita di synth pop, scritta probabilmente nel momento dell’addio.
Pezzopane privilegia spesso la semplicità del pop, a volte anche esagerando nel selezionare la strada più comoda, ma oggettivamente riesce a costruire un piccolo mondo (antico, ma evidentemente non morto), popolato delle luci e delle ombre che hanno contrassegnato soprattutto il maledetto decennio ’80.
In qualche brano poi il cantautore abbandona la modalità 80s e si lascia andare, ottenendo quelli che a mio parere sono i risultati migliori, in ragione del fatto che sono anche quelli in cui si avverte la maggior libertà creativa e compositiva.