Sono passati quasi due anni dalla pubblicazione di Atlas, il disco di debutto solista che ha imposto Pieralberto Valli all’attenzione dei media e del pubblico grazie a una particolare commistione tra cantautorato, rock ed elettronica e a un’originale ricerca linguistica ed espressiva che si è tradotta in testi ricercati, poetici, densi, ricchi di suggestioni e rimandi al mondo della letteratura. 

Valli torna ora con un progetto ancora una volta ambizioso e contemporaneo: questo nuovo lavoro, intitolato Numen, è “un disco lungo un anno”: a partire dall’11 gennaio 2019 è stato svelato canzone per canzone, passo dopo passo. Ora i quindici brani che compongono il nuovo album sono contenuti in tre dischi raccolti in un unico cofanetto in edizione limitata.

Pieralberto Valli traccia per traccia

Si parte piano con Non fare tardi, che ha un passo lento ma importante, per porre in rilievo una raccomandazione comune ma importante, materna e protettiva.

Non si accelera molto ma si fa più rumore con Profumo, vasta di risonanze e capace di momenti di concentrazione massima.

C’è una tranquillità seria che presiede Moltiplica, altro pezzo che si muove con cautela e circospezione, aiutato dal pianoforte a eludere le oscurità.

Tutto ciò che so ha battiti profondi e sempre il pianoforte, con un cantato leggero che si leva verso l’alto. “Precipito nel tuo splendore”

Chiude la prima cinquina (e quindi il primo disco) Dimenticare, altra passeggiata contenuta e con retrogusti di Radiohead.

Si entra in campi misterici con Eleusi, in cui il cantato si fa etereo, sottile, quasi fragile, appoggiato su sonorità luminose.

Fa sul serio e inizia a danzare Salomé, sorretta da un drumming articolato e nervoso, nel primo pezzo apertamente rock, anche se sui generis, del disco.

Torna a una calma non serena La peste: si parla di malattie più mentali che corporee, di guerre, tra cori dolenti lontani.

“Una ritmica quiete” è ciò che accompagna nell’ascolto di Vado verso di me, pezzo dolente ma dinamico.

Colui che mi porta ha istinti incendiari (“Che bruci tutto/che bruci in fretta”) ma i modi sono sempre molto pacati, il pianoforte più doloroso che furente.

Si riparte per l’ultima cinquina con Allagami, altro pezzo dal passo moderato, acquatico, con una conclusione di fede più che di speranza.

Ancora questioni di distanza quelle portate in rilievo da Il lontano di me, che ha suoni inquieti che fanno da portale d’apertura, prima che si riallacci il filo della chitarra.

Unisci i punti ha un background rumoristico che sporca un po’ il suono di un brano molto avvolgente e vasto, con sentimenti che si muovono e lasciano il segno.

Fa rumore Eppur si muore, che fa appello a battiti che fanno eco, in un brano che si rispecchia nel rock alternativo italiano dei primi anni Novanta.

Ultima figura tragica del disco, ecco Otello, che scarica la propria gelosia su una melodia morbida e malinconica di pianoforte.

Disco di grande delicatezza, il nuovo album di Pieralberto Valli descrive un cerchio ampio per tornare al punto di partenza ma con molta maggior consapevolezza e con molti suoni regalati in più.

Un lavoro attento, posato, intenso e molto sincero, che qualifica l’autore come una delle voci contemporanee più interessanti e intelligenti in circolazione.

Genere: canzone d’autore, alternative

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