Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri: recensione e streaming

Accompagnato da alcuni amici, l’ex Teatro degli Orrori inaugura un nuovo corso: Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri è il nome del gruppo e del disco in uscita oggi , con una formazione in cui figurano anche Egle Sommacal (Massimo Volume), Fabrizio
Baioni
(LEDA) e Federico Aggio (Lucertulas).

Dieci canzoni, otto cazzotti e due carezze, per raccontare questi tempi di violenza e sopraffazione, il paese e il mondo in cui viviamo. Ciò che si teme nel disco è ciò che si sta verificando adesso. Non è una profezia, è il terribile ordine delle cose

Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri traccia per traccia

La partenza è con Morte ai poveri, la molto diretta e molto esplosiva traccia d’apertura, scelta anche come singolo di presentazione del disco. Non ci sono metafore, finzioni poetiche o necessità di interpretazione: chiaro e semplice il sound, aperte le parole tra sfida e rancore, con cui Capovilla e i suoi si piazzano in mezzo alla strada e urlano forte.

La Guerra del Golfo affronta eventi bellici passati ma non necessariamente così lontani, assumendo tratti surreali e beffardi, polemizzando con Dylan e Ferretti, con i media e con l’atteggiamento dell’uomo comune occidentale.

Problemi di tosse risolti con un sound che tracima nello stoner con Minutgirl, altro pezzo furibondo che questa volta si concentra su un ritratto femminile. Periodi di tempo e (perfino) sentimenti ciò che si affronta in Dieci anni, che pure parla di “patrie galere”.

Si parte da Orietta Berti (e si arriva a Ivano Fossati) in Follow the Money, quasi una ballad rock, che cerca una direzione senza trovarla, confusi dentro mondi interiori nebulosi e solitari.

Chitarre e pochissima speranza riguardo al Paese trovano spazio ne Il Miserabile, che racconta di rapporti difficili, in famiglia e fuori, con tempeste di chitarre e di batteria a irrobustire il percorso.

Più forte che puoi scivola quasi su suoni psichedelici, mentre cerca una risposta che non escluda e non emargini, anche se le idee messe in campo sembrano poco realizzabili.

Ci sono precedenti musicali e letterari per un titolo come La città del sole, uno dei pochi pezzi morbidi del disco, capace di sognare un posto che riservi una vita migliore. Ma l’utopia è accompagnata da dosi molto cospicue di malinconia, fino a declinare verso messaggi di tristezza assoluta.

Arriva da lontano Anita, altra canzone di mancanze e nostalgie, con una lei che è andata verso altre direzioni. Nonostante un curioso twist end.

Si chiude tornando a fare rumore con Sei una cosa, oggettivizzazione della persona, compiuta fra chitarre che elettrificano il percorso, suoni gutturali e un ambiente sonoro a rischio esplosione continua.

Se si cercano messaggi di speranza e di fiducia nel futuro, meglio guardare altrove. Il disco di “debutto” di Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri risponde perfettamente alla carriera fin qui dell’artista sulfureo, che si è scelto dei compagni di strada in grado di suonare in modo forte e determinato, senza guardarsi troppo in giro.

Ed è necessario un suono supercompatto e direttissimo per accompagnare testi che spesso bruciano, spaccano, devastano. Non c’è fuga possibile: le verità di Capovilla magari saranno qui e là opinabili, ma ti guardano dritto in faccia. E una volta che accetti lo sguardo, non riesci a scappare.

Genere musicale: rock, stoner

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