Funerali alle Hawaii è l’esordio di Calavera: le nove tracce del disco delineano una personalità da cantautore attento ai dettagli, con qualche invenzione qui e là e testi intimi e ben cesellati. Il disco è stato registrato e mixato a Torino da Carlo Barbagallo (Albanopower, Suzanne’ Silver), che lo ha inoltre prodotto insieme allo stesso Calavera e lo ha affiancato come musicista insieme al jazzista Donato Stolfi alla batteria (Giorgio Li Calzi trio, AlJazzeera, Big Babel), a Luca “Lallo” Mangani al basso (Amici di Roland, El Tres, Mao) e a Enrico Messina, tastierista noto nel mondo del teatro d’improvvisazione.
Calavera traccia per traccia
Dopo la rapida intro della prima parte de Le Cose non risolte, già in qualche modo evocativa e con strascichi, arriva I miei discorsi, punteggiata di synth e poi animata dal drumming dopo i primi passi. Già da questi primi brani emerge la personalità di cantautore immerso nelle sonorità contemporanee e dotato di una certa gentilezza di fondo.
Gentilezza che non viene meno con La Libertà Nascosta, che pure accoglie qualche stilla di energia nervosa in più, intuibile sia dal ritmo sia dal cantato. Chitarre funky animano Le Case d’inverno, che segue con passo piuttosto baldanzoso. Passo al contrario cadenzato per Mentre Dormi: qualche qualità vintage emerge tra i suoni, con echi del cantautorato italiano 60/70.
Interazioni acustiche e voce sussurrata per Come i fiori, che fa pensare un po’ al Battisti della seconda parte della carriera (più Una donna per amico che Anima latina comunque). Se finisce il mare si concentra sul lato più meditativo, anche se ci sono battiti e suoni che si muovo nel sottofondo e sono frenati a stento.
Nuovi modi per capire rimescola la pentola dei ritmi, presentando comunque un mood piuttosto impetuoso. Il disco si chiude con la seconda parte di Le Cose non risolte, breve lascito di un album ricco di qualità.
Ottimo debutto, quello di Calavera, che dimostra di saper pennellare con colori diversi pur mantenendo un’ammirevole omogeneità di fondo. Aver conseguito quello che si può già definire uno “stile” al primo album non è cosa da tutti.

