Uscirà il 15 settembre Una città esposta, il nuovo disco di Cesare Malfatti. Punti cardine dell’operazione: la circostanza che Malfatti sia stato parte degli Afterhours degli esordi e soprattutto dei La Crus, con Mauro Ermanno Giovanardi e Alessandro Cremonesi, che lo accompagna anche in questo disco.
“Una città esposta” è realizzata in collaborazione con ExpoinCittà e prende spunto dall’iniziativa “Milano A Place to BE”, che ha raccolto l’intero programma culturale Milanese durante i sei mesi di Expo in un calendario tematico rappresentato da sei capolavori dell’arte cittadina abbinati a una parola chiave scelta dallo stesso Cremonesi.
Per ognuna delle sei opere Malfatti ha realizzato un brano, avvalendosi per la stesura dei testi di alcuni dei più talentuosi autori italiani, tra cui Francesco Bianconi e Kaballà, Paolo Benvegnù, lo stesso Alessandro Cremonesi e Luca Morino. L’album contiene anche altri sette brani, in rappresentanza di altre sette opere controculturali presenti a Milano, con la collaborazione questa volta per la scrittura dei testi di Luca Gemma, Gianluca Massaroni, Luca Lezziero e Vincenzo Costantino Chinaski.
Cesare Malfatti traccia per traccia
Parte con cautela Quarto Stato, il cui testo, firmato da Paolo Benvegnù, si richiama con tutta evidenza all’omonimo quadro di Pelizza da Volpedo ma anche a situazioni di emigrazione e di povertà più recenti; ma dopo un’introduzione calma, i ritmi si complicano, si fanno più spessi e corposi, senza che sopravvenga comunque la necessità di alzare la voce.
Mozart (il figlio), realizzata con Luca Gemma, rimane sulla stessa lunghezza d’onda, per raccontare con ritmi abbastanza movimentati e con un abito piuttosto pop accenni sulla storia di Carl Mozart, figlio del genio austriaco, cui è dedicata una targa commemorativa a Milano nonostante tutti i suoi tentativi musicali siano falliti e abbia finito per fare l’impiegato del Comune di Milano.
M il carattere di Noorda si presenta con faccia enigmatica ma con un ritmo piuttosto cadenzato. Forte il tessuto del basso in un pezzo che parla, attraverso il testo di Gianluca Massaroni, di Bob Noorda, autore di molti dei lavori grafici che hanno caratterizzato la Milano, da bere e non, della metropolitana, della Rinascente, della Coop, della Feltrinelli e numerose altre.
Benvegnù torna a scrivere per Il bacio, dedicato all’omonima tela di Hayez, custodita alla Pinacoteca di Brera. Il movimento della canzone è continuo, costellato da suoni elettronici non esageratamente invadenti. E’ invece Lucio Fontana, celebre per le opere costituite principalmente da tagli sulla tela, il protagonista di Concetto spaziale, con testo di Francesco Bianconi e Kaballà, che ha ritmi e atmosfere che possono evocare idee come quelle dei più recenti Notwist e di gruppi consimili.
L’ultima cena, dedicata con tutta evidenza al capolavoro di Leonardo, ha un testo piuttosto inquieto firmato ancora da Bianconi e Kaballà e una linea ritmica che si adegua, con toni apertamente rock e sensazioni sostanzialmente noir, in una chiave non proprio classica per descrivere l’ultimo appuntamento tra quei famosi tredici amici.
Dopo Leonardo, Michelangelo: La Pietà (Rondanini, celebre per essere, secondo le interpretazioni, non terminata per le sopraggiunte cattive condizioni di salute dell’artista, morto di lì a poco, oppure lasciata sbozzata volutamente, come altre opere degli ultimi anni di Michelangelo, a suggerire un linguaggio modernissimo che soltanto i secoli successivi riusciranno a capire). Il ritmo è lento e il brano, con il testo di Luca Morino, è sofferto, quasi faticoso, quanto i colpi di scalpello del genio fiorentino giunto alla fine.
Più sciolte le proposizioni de Il Teatro Continuo, dedicata da Luca Lezziero alle alterne vicende dello spazio teatrale ideato da Alberto Burri di fronte al Castello Sforzesco, poi abbattuto e ricostruito; la musica di Malfatti accompagna il racconto con toni molto moderati e indignazione elettronica appena accennata.
Anche Ho Chi Minh, con testo di Luca Gemma, è dedicata a una curiosa targa che Milano ha dedicato al rivoluzionario vietnamita, e si dipana velocemente su un riff piuttosto robusto. Cascina Campazzo, con testo di Gianluca Massaroni, parla della cascina attiva più vicina al centro di Milano, sempre a rischio di abbattimento, con un pezzo di pop sotterraneo e molto intenso.
L.O.V.E. tocca un tasto piuttosto dolente nel capoluogo lombardo, cioè il famoso dito medio di Cattelan in piazza Affari: il testo di Lezziero si accompagna a un duetto con Chiara Castello e a un giro dai sapori black. El Tombon de San Marc, luogo di molti suicidi d’amore negli anni Trenta, è dedicatario del testo di Vincenzo Costantino, che fa da pendant a un rock piuttosto ruvido e con tratti molto aspri e una chitarra che decide di uscire dal guscio. Si chiude con la lunga Lo sposalizio della Vergine, con testo di Cremonesi, una ballata ricca di melodia e con l’armonica a bocca a dare un tocco in più a un affresco dai colori tenui.
Posto che molti dei particolari raccontati dai testi delle canzoni potranno essere apprezzati a pieno soltanto da chi ha trascorso a Milano almeno qualche anno, e posto che i lavori su commissione sono spesso trappole annunciate, Cesare Malfatti affronta la sfida e la supera con grande passione ma anche con la disinvoltura giusta, che gli consente di costruire da sé il contesto adatto all’album, con l’aiuto di un elenco piuttosto ricco di autori e collaboratori.