Recensione: Regarde, Pastel, Saudade, Marmore, “Split”
Ma uno Split di quattro band non si dovrebbe chiamare “compilation” o qualcosa di simile? Boh, fatto sta che il 15 ottobre un 4-way split firmato da Regarde, Pastel, Saudade e Marmore, per un disco che mette insieme emo, post rock, post punk, screamo, hardcore e post hardcore.
Ma veniamo alle presentazioni: i Regarde sono una formazione a quattro composta da Guido Dal Prà, Andrea Benazzato, Marco Casarotto e Andrea Campesato Segnini. Arrivano da Vicenza, si sono formati nel 2013 e suonano emo/punk rock con forti influenze anni ’90. I Pastel sono un duo strumentale post punk proveniente da Bari. Nato nel 2013 e composto da Andrea Annese e Vito Pesce.
Dei Saudade sappiamo che sono una band screamo/post hardcore di Napoli, fondata nel 2010 e formata da Daniele, Dario, Luigi, Vincenzo. I Marmore sono una rock band strumentale di Torino, formatasi nel 2013 e composta da Salvatore Aricò, Francesco Usai e Antonio Aricò. Tutte le band hanno qualche esperienza discografica alle spalle, ma condividono il fatto di essere piuttosto “freschi” per la scena.
Split traccia per traccia
L’apertura dello split è affidata ai Regarde, che dal Veneto nativo portano un rock consistente ma non esagerato, influenzato dall’emo e con qualche venatura scura, come dimostrato già nel primo brano, Brighter Aim. Le sensazioni si approfondiscono e il drumming si fa più cupo con la seconda traccia, Fed by Lust.
Livello di aggressività automaticamente più alto con i Pastel, che già dalla prima traccia Il Pilota Il Viaggiatore si collocano in argomento post hardcore con qualche influenza di tipo grunge o comunque in collegamento con i 90s. Si picchia anche più forte con Il Pianista L’inventore, che però inserisce quasi a sorpresa incisi jazzati che proiettano in atmosfere math rock.
Alternanza di paranoia aggressiva e di pause depresse e malinconiche all’interno di Footsteps, la prima delle due tracce “in appalto” ai Saudade. La band pratica uno screamo furente ma con spazio anche per momenti più tranquilli e concentrati. Anche più furibonda la seconda traccia, Living Noise, in cui la voce trasmette le vibrazioni più potenti.
La parte dei Marmore apre con Unagi, aggressiva ma quasi liberatoria dopo le violenze claustrofobiche dei Saudade: l’immersione qui è in acque post rock, con uno strumentale veloce e intenso. Who Likes to Get Fucked Up, al di là del titolo esplicito, si cala invece in esperienze più oscure e in umori più variabili, fornendo un’utile coda al disco.
Una volta ribadita la perplessità generale rispetto a operazioni del genere, che non danno modo di conoscere in profondità nessuna delle quattro band coinvolte, possiamo genericamente promuovere il disco perché mette in campo forze fresche e interessanti, anche se gli sforzi vanno un po’ dispersi tra stili e panorami differenti.