Con numerosissime collaborazioni alle spalle (da Ligabue a Steve Wynn, da Elliott Murphy a Willy Deville, a Mick Taylor) Antonio “Rigo” Righetti da qualche tempo si è messo a fare da solo, o quasi: in compagnia del fido Robby Pellati confeziona Water Hole, otto canzoni per lo più influenzate da country, folk e blues, ma con aperture significative verso altre direzioni.
Rigo traccia per traccia
La prima traccia è Henry’s Siege Mentality, placida escursione in territori che possono richiamare alla mente sia le atmosfere di Willy Deville, sia quelle di Tom Waits (soprattutto per certi tratti vocali). Qualche tratto più allegro si manifesta in Tear it up, che mantiene il profilo di ballata da frontiera.
Entrano poi le parole in italiano di una citazione da Carver in una traduzione interpretata da Danio Manfredini, in King of Love, avvolta in un minimalismo oscuro che sfocia poi in un’altra ballata dolente e malinconica.
Un basso un po’ velvettiano e qualche effetto colorano Dangerous, tutto sommato “leggera”, se si contestualizza l’aggettivo in un disco di questo genere. Un crescendo drammatico caratterizza la strumentale Glass, prima che For So Long provveda a ridare fiato alla voce, mantenendo alto il livello del pathos, con archi e chitarre acustiche.
The Beauty viaggia in orizzontale, approfittando di panorami piuttosto vasti, ma conserva un certo risentimento nelle proprie corde. C’è un che di classico nel modo in cui (Don’t want) to cheat you, che chiude l’album, si erge, con l’aiuto di chitarra acustica, tastiere e cori quasi angelici (ma probabilmente sintetici).
In tempi come questi sarebbe forse più semplice, con una carriera come quella di Rigo, sedersi e aspettare la prossima chiamata del big di turno, suonare la propria parte e passare oltre. E’ invece apprezzabile di per sé il tentativo di mettersi in discussione e di mettere in mostra i propri talenti, tanto più che l’album è decisamente godibile, ispirato e senza compromessi.
