Si chiama Rocco Granata, come il popolare cantautore di un tempo, ma ha scelto una strada del tutto peculiare per il suo Works: musica strumentale e installazioni artistiche per un progetto di largo respiro, in cui pianoforte e archi trovano la propria giusta collocazione. Lo abbiamo intervistato.
Puoi raccontare la tua storia fin qui?
Nasco come bassista. In realtà mi reputo ancora un bassista anche se ho avuto la fortuna di aver studiato musica sotto diversi punti di vista: ho studiato composizione al conservatorio per qualche anno e mi sono laureato in Musicologia con una tesi sul rapporto tra musica e politica.
Tanti gruppetti da ragazzetto suonando di tutto. Tanta musica studiata e tantissima musica ascoltata ancora adesso visto che lavoro come consulente musicale per la Tv. La mia professione influenza molto la mia scrittura musicale. Quando ascolto un qualsiasi brano musicale automaticamente immagino quale possa essere la sua collocazione visiva, a quale coreografia possa essere associato, quali emozioni possa aiutare a scatenare… Quando ho iniziato a lavorare a Works sono partito dall’impatto emotivo che volevo creare. Una volta stabilita la gamma di emozioni che mi interessava ho iniziato a scrivere la musica.
“Works” è sia un cd sia un’installazione artistica. Ne puoi spiegare il concept?
“Works” è distribuito in due modalità: con la distribuzione social si può scaricare gratuitamente l’intero album dal mio sito. Con la distribuzione anti-social l’album è stampato in 300 copie numerate e distribuito attraverso una installazione artistica dove i Cd sono lasciati gratuitamente in luoghi pubblici, pronti per essere portati a casa e ascoltati.
L’installazione si prefigge come obiettivo una riflessione sul significato reale della parola condividere in un epoca in cui i social networks hanno trasmesso una visione virtuale di questo termine (condividere immagini, video, notizie, petizioni virtuali). Da qui la denominazione di distribuzione antisocial. Senza alcun intento di demonizzazione verso Facebook, Twitter o altri siti web, l’installazione vuole dimostrare che si può condivedere anche nella vita reale. Tutto il progetto è illustrato sul sito
Come nasce “Lost Memories”?
E’ un concetto psicologico. Spesso un banale input quotidiano (un vestito che indossa una persona, un odore, un’immagine) puo’ far riaffiorare ricordi lontani che pensavamo persi nel tempo. Il brano narra dei ricordi che affiorano dal tempo, delle emozioni che suscitano.
Perché la cover di “Harden my Heart” dei Quarterflash?
Un piccolo capriccio. E’ uno di quei brani che ti porti in testa da quando sei bambino anche se i tuoi gusti musicali prendono altre direzioni. E’ stato divertente reimmaginarlo con un maggiore pathos e una maggiore carica emotiva.
Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?
Niente di complesso. L’ impatto emozionale di un brano parte anche dalla scelta di timbriche particolari che si attribuiscono a un dato strumento. Ho usato Ableton Live (con plugin in gran parte freeware) per i loop, per i campionamenti, per i synth e per effettare piano, cello e basso. Ableton Live mi ha creato l’atmosfera.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?
Hapax e Winter Severity Index. Penso che la scena dark wave italiana offra musica sincera.
Puoi indicare tre brani, italiani o stranieri, che ti hanno influenzato particolarmente?
“Atmosphere” dei Joy Division, “Caffe’ de la Paix” di Franco Battiato e “Children of the grave” dei Black Sabbath. Sicuramente non hanno influenzato “Works”… ma hanno molto influenzato me.
Rocco Granata traccia per traccia
Si parte dalle morbidissime arie di Life, in cui un pianoforte piuttosto animato fa da contraltare alle dolcezze degli archi. Lullaby si muove su atmosfere altrettanto eteree, ma rese anche più elevate da una voce femminile che domina la parte melodica del brano. Undead muove di nuovo il pianoforte su toni soffici e cauti. Tuttavia presto la parte ritmica del pezzo emerge in superficie, come un rullare di tuono che affiora a tratti.
Haka, probabilmente ispirata all’omonima danza maori, mantiene in sé un carattere bellicoso che imprime una spinta forte al brano. Si arriva così alla cover di Harden my heart, celebre successo rock-pop degli anni Ottanta firmato dai Quarterflash, qui riletto con dolcezza ma anche conservando parte dello spirito combattivo originario. Lost Memories recupera invece arie più soffici, tornando a occupare soprattutto lo spazio dei sogni. Young man parte dal drumming ma poi si converte a idee molto più moderate.
Arise, come si intuisce dal titolo, ha una struttura a salire, un climax graduale che in realtà esplode in maniera anche inaspettata. Si torna a momenti più sereni, ancorché malinconici, con Cry of love, mentre Earth si riscopre piuttosto declinante, finché un discorso del tutto diverso non si impadronisce del pezzo stravolgendolo e trasformandolo in una danza festosa e guerriera.
Without you si dirige verso la fine con umore di nuovo non particolarmente allegro e con il pianoforte che non rinuncia alla propria centralità. La chiusura è riservata a una versione alternativa, solo per piano e violoncello, di Lost memories.
Sono notevoli i “lavori” di Rocco Granata, che in un ambito strumentale e in discorsi di malinconia tangibile riesce a inserire tasselli di colore variabile, ottenendo una tavolozza molto variegata e ricca di sfumature.