Alle spalle anche l’ultimo disco solista di Appino, The Zen Circus hanno riabbracciato chitarre e concetti da band per pubblicare Il male, nuovo album composto da undici tracce e anticipato dai singoli È solo un momento, Miao e Un milione di anni.
Dolore, maturità, riflessioni e moltissimo rock caratterizzano un disco senza troppi fronzoli e sicuramente appartenente ai migliori episodi della discografia Zen: Il male, i ricordi più dolorosi e il futuro che si assottiglia permeano tutto il disco, ma la band è reattiva e combattiva più che mai.
The Zen Circus traccia per traccia
Il cuore puzza perché è stato venduto per pochi soldi: immagini e suoni rock “da Zen Circus” aprono Il male, title track dell’album. Il male è dentro, cattivo come cancro, ma comunque preferibile al bene artificiale. Canta quasi sobrio Appino, alzando la voce qui e là, ma i ragazzi lasciano cantare le chitarre, per un pezzo piuttosto frontale e senza nessuno sconto.
Un po’ di ironia entra, ma in modo abbastanza amaro, con Miao: ci sono attese, ci sono constatazioni sulla propria inadeguatezza, c’è una lei che è andata via. E ci sono i gatti (di razza) che miagolano, mentre quelli randagi ci vogliono conquistare, in uno dei racconti surreali tipici della band, che rafforza il soggetto narrante in corsa, arricchendo via via di particolari. “Sei bella quanto una bugia/prima la dici poi la getti via”.
Giro di chitarra semplice per E’ solo un momento, con Karim che aggiunge qualche rullata e Ufo che entra a sottolineare con il basso. Un pezzo ascendente che parla di solitudini e che sa di classico Zen: la rabbia e qualche suono shoegaze prendono piede, mentre si parla di ferite, di madre, di padre, di lati oscuri. “I miei vent’anni sono volati mentre sussurravo al vento/E’ solo un momento”: un momento che assomiglia a tutta la vita, si direbbe.
Ci fossero soltanto queste tre canzoni d’attacco, si potrebbe anche essere già molto soddisfatti, ma agli Zen si chiede sempre di più, e di solito non deludono: Meglio di niente parte da un bicchiere di Braulio, per raccontare una storia aperta ma che al centro ha un’assenza, lasciato da chi se n’è andato. “E non c’è rancore/che valga la pena/non c’è ricordo/che non sia una lama“: anche qui ci sono gatti, ma anche ragni, in una casa in cui rimane la polvere e il senso di colpa.
“Jovanotti/Putin/Gerry Scotti” stanno nello stesso verso con i campi di concentramento, il muro (di Berlino), il buco dell’ozono: tutti mali del Novecento (na na na Novecento), secolo di nascita di chi canta, con il tentativo di confrontarsi con un mondo nuovo non sempre comprensibile ma non necessariamente peggiore (né migliore). Immagini di morte e di vergogna chiudono il pezzo, evidentemente influenzata dalle notizie che arrivano ogni giorno dai fronti di guerra.
“Mi piace tutto quello che fa male/fumare bere e pensare”: l’incipit di Caronte si arriccia su ricordi e meditazioni, per una ballata morbida ma scivola fuori dalla bocca di Appino come fosse un flusso di coscienza. Il corpo da una parte, la testa che viaggia dall’altra, si cerca di dimenticare la distanza e anche di distinguere tra amore e infarto, troppa vodka, mal di mare. La barca di Caronte attende, ma l’atmosfera è più malinconica che disperata.
Vecchie troie si riempie di invettive “da anziano” mentre si riguadagna velocità ed energia. Il pezzo oggettivamente più divertente del disco convoglia una gran quantità di rancore, ma non immotivato. Lo spunto iniziale, un ragazzino che ti chiama “signore”, si presta a una deriva abbastanza devastante e piuttosto esilarante: “Dì un’altra volta signore/dì un’altra volta signore!”
Si ritorna calmi con un’altra ballad, Un milione di anni, che svolta verso il filosofico: voce e chitarra e pensieri, nonché il desiderio di essere in qualche modo ricordati. Il brano piano piano si solleva, come sorretto da un sentimento molto forte e vibrante: “Tu prova a ricordarmi/fra un milione di anni“.
Diversi tipi di droga caratterizzano Virale, che parla (anche) di musica: ciò che è veramente virale è la noia mortale, mentre il mondo falso ci sfila davanti agli occhi, con tentazioni terroristiche che è difficile tenere a bada.
Ricordi d’infanzia molto profondi quelli che popolano Adesso e qui, semplice per linee melodiche ma per lasciare maggiore spazio a un racconto pieno di contraddizioni e di dolore. Il vivere “adesso e qui” maschera il fatto che nessuno ci capisce niente, e intanto la rabbia esplode nel brano, in modo anche piuttosto sonoro: “Forse il trucco è proprio quello/scollegare il cervello/ma non mi riesce più”.
Siamo arrivati a La fine: le canzoni alla radio sono Il male, così come le persone influenti, mentre a terra si ride e si brinda anche alle disgrazie. Ma è tutto passato, e il velo di nostalgia che si è insinuato sempre, qui e là, nel disco, qui diventa padrone, con un robusto movimento di chitarra elettrica che sottolinea e spezza in due le emozioni.
Un disco degli Zen Circus, da Zen Circus: partiamo da questo assunto. Semplificate certe linee, scelta la strada diretta, la band ha deciso di riprendere in mano le chitarre e il cuore per aggiungere alcune altre canzoni che si canteranno a squarciagola in concerto per anni, ma anche per lasciare qualche altra pennellata che si incide profonda e che smuove qualcosa ogni volta che lo streaming te li porta alle orecchie.
Non è un disco sperimentale, non è “un passo avanti”, come spesso mi capita di scrivere nelle recensioni di band più o meno imberbi. Imberbi non sono gli Zen e sono sempre più consapevoli di questo, anzi lo ricordano in svariate canzoni, con ironia o con tristezza. Ma non sono la parodia di se stessi a vent’anni. Hanno ancora l’energia giusta, hanno uno sguardo consapevole, hanno una maturità di scrittura che qui e là può devastarti le emozioni. E tutto questo lo fanno benissimo, e ci fa benissimo.
The Zen Circus – Tour 2025
28 novembre – Padova – Hall – SOLD OUT
28 novembre – Padova – Hall Nuova Data
03 dicembre – Milano – Alcatraz
04 dicembre – Torino – OGR Torino
05 dicembre – Firenze – Teatro Cartiere Carrara
11 dicembre – Roma – Atlantico
12 dicembre – Bologna – Estragon – SOLD OUT
13 dicembre – Bologna – Estragon – Nuova Data
26 dicembre – Molfetta – (BA) – Eremo
27 dicembre – Senigallia (AN) – Mamamia
28 dicembre – Napoli – Duel
29 dicembre – Perugia – Urban
I biglietti sono disponibili su https://www.thezencircus.it e sui circuiti di prevendita di TicketOne e DICE.


Devo dire che conosco gli Zen per fortuna o purtroppo da un paio di anni,e non mi hanno mai deluso, sarà che caratterialmente siamo affinii,anche anagraficamente. Uno dei mali,come cantano in questo disco è il fatto che oggigiorno le persone, soprattutto i giovanotti,si fermano innanzi alla radio,alla TV e ai social e non scoprono più e non vogliono sapere se c’è qualcosa di meglio,non è la musica commerciale e radiofonica il male,ma il non andare oltre,come leggere titoli di notizie e non addentrarsi in esse,pensando di averbraggiunto così un parere…male,male,male…
Ps. Nel testo Meglio di niente,Braulio non indica l’amaro famoso,ma è uno dei Gatti di Appino