La magia di Venerus arriva a Genova e invade il palco di Goa-Boa Festival, per uno degli ultimi appuntamenti di un’estate insolitamente lunga. Le alchimie sonore della formazione messa in piedi e portata in giro per l’Italia dal musicista originario di Milano si sposano con una sera di settembre con un clima piacevole, a dispetto di previsioni del tempo minacciose.

Prima di Venerus e dei suoi compagni di palco ci sono Gorka Valero e Theo Rem, rapper portabandiera del Ponente genovese, protagonisti di un’apertura particolarmente viva, basata su un dialogo molto fitto e su un’interazione continua con il pubblico, che li conosce e li ama fin dagli esordi.

Un po’ di attesa ed ecco arrivare tutta la formazione schierata da Venerus. E si tratta di una squadra piuttosto imponente: otto gli elementi sul palco, lui compreso, prendendo a modello probabilmente le big band del jazz. Qui però ci sono anche strumenti che nell’era di Duke Ellington non esistevano ancora, e i suoni si muovono in direzioni molto varie.

Si parte da Ogni pensiero vola, come in Magica Musica, disco d’esordio di Venerus premiato da successo e consensi. L’Arena del Mare questa sera non è pienissima e del resto è stata una stagione lunga, complicata e molto dispendiosa per chi ha investito in biglietti dei live. Però i presenti sono molto partecipi e spesso conquistati dalla fluidità dei movimenti dei suoni che provengono dal palco. Venerus sulle prime si nasconde dietro pianoforti e tastiere, rimanendo nelle retrovie del palco. Poi avanza, chitarra al collo, fino alla prima linea. Ma il gioco a nascondino avrà altre alternanze nella serata.

Brazil allarga gli orizzonti e i brani incominciano a dilatarsi: tutto il concerto prevederà lunghe code e lunghi intermezzi sonori che rendono ogni brano quasi una piccola suite. Ma non è sfoggio di bravura fine a se stesso: si avverte invece come i brani, confinati dentro il disco, qui trovino gli spazi giusti e se ne approprino in modo morbido ed efficace.

Sparisce quasi il mood malinconico di alcuni dei brani dell’album, forse anche per effetto dei continui giochi di luci coloratissimi che completano anche dal punto di vista visivo lo spettacolo. E del resto anche la parte esteriore è stata molto curata: Venerus è vestito in stile arabeggiante, con tunica bianca e zucchetto tondo e decorato; il resto della band si divide fra scritte in faccia tipo rapper, qualche maschera da teatro Kabuki, cappelli texani, giacche coloratissime. La sobrietà è bandita, ma l’eleganza si percepisce ugualmente.

Brani come Appartamento (su disco con Frah Quintale) e Fuori, fuori, fuori sono cantati a voce piena dal pubblico, mentre Venerus mantiene quel modo di cantare un po’ smezzato che fa parte del suo modo di approccio abituale. Ci sono effluvi nell’aria, e non sono quelli del mare. Anzi arrivano per lo più dal pubblico, avvolto in nuvolette sospette, tanto che Venerus commenta: “Che odore incredibile, continuate così”. Ci sono sostanze che migliorano la fruizione musicale, si sa.

Si accendono luci viola sul palco per Forse ancora dorme, escursione extra album, con le percussioni in grande evidenza. Le dolcezze di Sei acqua, su disco con i Calibro 35, qui diventano ancora più liquide. Il brano si apre con una lunga intro di pianoforte e si mantiene intimo. Stesse intimità si avvertono dalle parti di Una certa solitudine.

Un’enorme nave da crociera, alta come un grattacielo, passa alle spalle del palco. Venerus chiede al pubblico se è “caldo” e, alla risposta, sfida: “Ora vediamo se siete caldi, queste sono cazzate”. E’ il tempo dei ritmi di Love Anthem, che lascia spazio a Lucy, con dialoghi tra sax e chitarra elettrica. Sensazioni un po’ alla Prince si estendono a pezzi come Canzone per un amico.

Le barriere tra i generi semplicemente non esistono: Solo dove vai tu ha un finale che sfocia in jazz puro, forse un po’ schematico ma quasi sperimentale. Dreamliner riporta sensazioni del tutto notturne ma termina con una deriva sostanzialmente techno. Altrove riporta la calma ma la propensione a dilatare note e brani è sempre presente.

Si finisce con Io e te, dichiarazione d’amore universale che si chiude con Venerus che canta a cappella ma chiede l’apporto del pubblico (“vi vengo a prendere” e si affaccia sulla platea). Unico bis Luci, per un finale particolarmente pirotecnico.

Misterioso e ricco di vibrazioni, lo show di Venerus riprende il viaggio verso la fine del tour. Sicuramente una scoperta, anche per chi aveva già conoscenza del disco, e altrettanto sicuramente uno spettacolo come non capita di vederne molto spesso nell’ambito della musica italiana: ricco, completo, emozionante e “magicamente” suonato dalla prima all’ultima nota.

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