Traum è il secondo album della band bergamasco-bresciana de Il Vuoto Elettrico, composta da Paolo Topa, Davide Armanini, Giuseppe Ventagliò, Mauro Mazzola e Luciano Finazzi. Un concept album sulla vita, “su cosa siamo stati, cosa siamo e come saremo” , prodotto da Xabier Iriondo, storico chitarrista degli Afterhours. Abbiamo rivolto qualche domanda a Paolo, autore dei testi e cantante del gruppo.
Niente è come sembra è una delle prime battute di In Door, e viene da pensare lo stesso ascoltando il vostro nuovo album. Traum è sogno e trauma, è poesia e claustrofobia. Ci sono degli aspetti non immediati del vostro lavoro che volete raccontarci?
Dal punto di vista musicale ma anche e soprattutto testuale “Traum” è frutto di enormi sforzi. Considero l’intero disco come la simulazione di una seduta psicoanalitica, dove il passato e il futuro vengono “letti” con la prospettiva e lo sguardo del presente. C’è una sottile forma di distacco in quello che raccontiamo, una sorta di tendenza alla disillusione per le cose che sono accadute e che potranno accadere nel corso di qualsiasi esistenza, non solo della nostra.
Dopotutto sembra tutto un gioco, qui dentro. La vita guardata e osservata da una posizione “differente” è un esercizio che tutti noi potremmo e dovremmo compiere almeno ogni tanto, interpretando gli eventi che ci accadono come se questi si distaccassero dal nostro vissuto e non ci appartenessero.
Questo esercizio ci porterebbe a scoprire “cose” di noi stessi che forse non sapevamo di conoscere. Ma attenzione, fatto questo sforzo dovremo scendere a patti con questa nuova consapevolezza. La parte più difficile, senza dubbio.
L’immagine che avete scelto per la copertina è un edificio sospeso nell’acqua e consumato dal tempo, con tante finestre ma nessuna porta visibile. Ogni canzone una stanza, ogni stanza una stagione della vita. Forse è questo uno degli aspetti più “feroci” del vostro lavoro…
Quella casa, in fondo, non è altro che una trappola. Non ne ha le sembianze ma lo è senza dubbio. Il corridoio che la percorrere tagliandola in due (Corridoio_41) è il tempo presente, nel quale è impossibile sostare e dal quale è necessario fuggire, entrando nelle stanze del passato e del futuro della propria vita. Solo all’interno di queste è possibile valutare con adeguato distacco quello che ci è accaduto e quello che presumiamo ci aspetti nel tempo che verrà. La parola “feroce” che utilizzi è piuttosto azzeccata, mentre sintetizzerei l’intera essenza delle liriche con due frasi, l’una riguardante il passato (“Li riconosci quei momenti perfetti? Oppure li vedi solo quando è il ricordo a mordere ogni istante?”) e una riguardante il futuro (“Ora ti guardi dal di fuori spettatore di un corpo, imbrigliato nella scena. Ma ora quella porta apre un sipario, un retropalco si dice”). Il succo sta tutto lì.
La collaborazione con Xabier Iriondo ha contribuito a rendere Traum un disco pieno di energia e di tensione. Avete in programma diverse serate in cui porterete in giro la vostra musica, ma dal vivo cosa dobbiamo aspettarci?
Musicalmente parlando il disco è un concentrato di tensioni elettriche, arrangiamenti a mio avviso audaci e soluzioni inesplorate. Parecchi gruppi hanno solo voglia di realizzare musica capace di “acchiappare” l’ascoltatore al primo ascolto, aggredendo e alimentando in questo caso il mercato musicale del “mordi&fuggi”. Con Il Vuoto Elettrico occorre pazienza e ascolti reiterati, su questo non c’è dubbio. Procedere con “voce e batteria” per un paio di minuti non è una soluzione comoda, per esempio. Così come non lo è rifiutarsi di inserire la classica “ballatona indie” alla traccia n. 4 per arruffianarsi l’ennesimo ascoltatore distratto di Spotify. Dal vivo sarà la stessa cosa. Non aspettatevi che qualcuno dica “Ehi, perché non vi avvicinate un po’ di più al palco?” oppure “Su dai, alzate le mani…”. Sarà più facile – al contrario – che qualcuno senta il bisogno di porre una distanza tra sé e il gruppo e fare un passo indietro. Ma in fondo è quello che vogliamo.
Il Vuoto Elettrico: i ragionamenti esistenziali di “True Detective”
Ho visto le foto della lavorazione del vostro nuovo video “Un bagno di vita”, che avete definito di ispirazione Trainspotting. Quali altri film, libri, autori vi hanno ispirato durante la creazione di Traum?
No, in realtà “Trainspotting” è un termine che mi è venuto in mente guardando la tipologia di “bagno” nel quale mi sono immerso per alcune riprese (una vecchia vasca da bagno riempita di sabbia bagnata, piastrelle distrutte e tazza del cesso… ehm inquietante…). Se dovessi definire il video lo definirei invece post-industriale in quanto girato in una vecchia (ed enorme) acciaieria abbandonata. Per quanto riguarda le ispirazioni cinefilo/letterarie direi che “Shutter Island” di Scorsese, “The Game” di Fincher e “The Experiment” di Hirschbiegel sono i tre film sui quali si può puntare a colpo sicuro. Ma la serie televisiva che ha posto le basi di molti ragionamenti esistenziali è stata la prima stagione di “True Detective”: la citazione “Perché il tempo è un cerchio piatto” riportata in “Camera di specchi” proviene da lì ed è una delle chiavi interpretative dell’interno lavoro.
Siete oggettivamente una proposta musicale un po’ “diversa” rispetto all’attuale scena indipendente nostrana. Ci sono artisti emergenti che stimate e ascoltate, oltre ai grandi riferimenti del passato che si intuiscono ascoltando le vostre canzoni?
Ovviamente posso parlare per me stesso e restringo quello che ti dirò alle produzioni uscite negli ultimi sei mesi: Umberto Maria Giardini (e prima Moltheni) è un artista che apprezzo moltissimo, capace di distillare sentimento come nessun altro, oltre che di tenere sempre e comunque la “barra dritta”. E poi Le Luci della Centrale Elettrica con il nuovo disco si dimostra, nonostante tutto, di una caratura superiore per inventiva e capacità di toccare le corde giuste.
Infine lasciami segnalare il reading di Emanuel Carnevali portato in scena e su disco dalla coppia Clementi-Nuccini con “Notturno Americano”: un lavoro davvero importante ed evocativo.
Tra i cosiddetti “gruppi emergenti” voglio citare i bergamaschi Moostroo e i fiorentini NoN capaci entrambi di un secondo album sorprendente per la qualità della scrittura. E contro ogni pronostico dichiaro ufficialmente che Il Teatro degli Orrori non è per nulla nel novero dei miei gruppi preferiti, anche se tutti fino a a oggi lo avranno pensato…
Chiara Orsetti