C’era una volta Willie Peyote, il fantasma di centinaia di giorni eternamente uguali e la voglia di musica live. Se fosse una storia, la seconda tappa del Mai dire mai – Tourdegradabile a Genova in apertura del Balena Festival, inizierebbe proprio così. L’Arena del Mare del Porto Antico sold-out, il mare che è sempre lì a fare da cornice ma non ti ci abitui mai, i traghetti che partono sullo sfondo, i sorrisi e gli sguardi di chi aspettava da troppo di sentire scorrere musica ed emozione quando le luci sul palco si accendono.

Ad aprire le danze è il genovese Canca, pseudonimo di Gerardino Francesco Cancarone, rapper classe 1997 e local hero della serata. Si canta insieme sulle note di Buena, il singolone, e sui brani estratti dall’album Branco.

L’ottima scusa per uscire di casa in questo sabato sera di luglio è proprio Willie Peyote. L’ultima volta che lo abbiamo visto su un palco era quello dell’Ariston, eravamo sul divano di casa, e indossava con eleganza sabauda abiti Pignatelli. Oggi sono “solo” occhiali e scarpe da tennis, ma non sposta di una virgola la classe con cui affronta il palco. Si parte con Mostro, brano estratto dall’ultimo album Iodegradabile, affrontata con il consueto approccio incazzato e composto di chi sa di avere argomentazioni a sufficienza per non aver bisogno di alzare troppo la voce.

Le preghiere non funzionano, ma le bestemmie sì, e lo ripetiamo in coro tutti insieme appena parte I cani, seguita da Il bombarolo di De André, omaggio alla città di Genova e spunto per ringraziare e salutare i compagni di avventure Ex-Otago.

Qualche chiacchiera, l’ovvia considerazione sulla somiglianza con Toninelli, la voglia di suonare. E suonare bene: sul palco l’energia dei musicisti Luca Romeo (basso), Dario Panza (batteria), Daniel Bestonzo (tastiera synth) ed Enrico Allavena (trombone) riesce a sostenere la personalità di Willie, tra incursioni di Backstreet Boys e Lucio Battisti negli arrangiamenti e la sfida a riconoscerle tutte.

C’è spazio per l’amore con La tua futura ex moglie, Ottima scusa e Le chiavi in borsa, che fanno cantare tutti con sorrisi e lacrime che non riescono a decidere in che ordine uscire, cosa diavolo devono fare. Non jingle riusciti in rotazione, ma analisi disilluse e terrene che riescono a toccare proprio lì, dove fa male.

C’è spazio per ricordare che sono passati vent’anni dal G8 di Genova e da tutto ciò che ha significato, c’è spazio per il fascismo condannato in ogni sua forma, c’è spazio per il non accettare nulla che manchi di rispetto alle persone, in ogni contesto.

Su Mai dire mai (la locura), proposto all’ultima edizione di Sanremo, canta anche chi finora ha provato a resistere. Breve pausa, si torna sul palco per le ultime tre: Mango, Vendesi, Che bella giornata.

Ed è proprio su quest’ultima traccia che, lasciando l’area del concerto, viene da riflettere. Chiudi gli occhi e vai, vai, canta Guglielmo. Spinge chi lo ascolta a fare meglio, a trovare la forza di dire no, di non accettare una vita tiepida e ogni giorno identica. Un messaggio che stride un po’ con quello che accade scrivendo Willie Peyote su uno dei social più usati dai ragazzi: “Il termine che hai cercato a volte è associato alla vendita di droghe“. Chissà che canzoni hanno ascoltato… Ma si sa, la gente parla Avanvera, il caro Willie un po’ meno. Bravo.

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