Zero Call è un compositore italiano, influenzato dal suono di artisti come Justice, Mr. Oizo, M83 e Royksopp e le nuove scene wave/post-punk. Zero Call ha acquistato il suo primo sintetizzatore oltre un decennio fa e il suo ultimo lavoro si intitola Fears and Dreams of Living Machines. Lo abbiamo intervistato.
Vuoi raccontare come nasce il progetto Zero Call?
Zero call nasce nel 2011, quando ero tastierista in una band indie rock. Il forte feeling musicale con il batterista Francesco Federici ci portò a sperimentare sonorità elettroniche fuori dal discorso rock band, ispirati dalla primissima scena retrowave, grazie a artisti quali College, Minitel Rose e M83, ormai noti come genere synthwave.
Abbiamo prodotto e suonato insieme per circa tre anni. Successivamente ci siamo divisi e ho portato avanti il progetto con l’aiuto del ragazzo che tuttora è il chitarrista del nuovo album e che ha collaborato sia in fase di produzione sia nei live dal 2013.
Quali sono le ispirazioni di base del tuo ultimo lavoro?
Ho iniziato a pensare a questo album nel 2016, quando, dopo aver letto alcuni libri sul tema del rapporto tra uomo e macchina, ho ricercato informazioni su alcune scoperte tecnologiche che stravolgeranno il nostro imminente futuro.
Sono nati di pari passo i primi pezzi e le storie a loro connesse. Ne è venuto fuori un racconto ambientato all’interno della nostra attuale società dove il forte squilibrio di ricchezza permetterà ai pochissimi ricchi del pianeta di acquisire, sotto forma di brevetti segretissimi, le chiavi della conoscenza relative a tecnologia, medicina, agricoltura, fisica e di poter quindi diventare più potenti degli attuali governi. Questa storia è simbolicamente rappresentata in un video presente nel web, uscito pochi giorni prima dell’album.
“Fears and Dreams of Living Machines” è un titolo molto “fantascientifico”, forse anche in chiave Philip K. Dick. Ti piace il genere e ne hai tratto ispirazione?
Certo, mi è sempre piaciuto, anche se negli ultimi anni ho perso contatto con le ultime serie tv e film, fatta eccezione per gli acclamati Blade Runner 2049 e Stranger Things. Diciamo che mi sono fermato a Matrix, preferendo fare ricerche mirate, a seconda delle mie necessità, in quanto a tema fantascentifico.
“Confessi” influenze di elettronica relativamente recente (Justice, Mr. Oizo, M83 e Royksopp). Tuttavia mi sembra di scorgere anche idee che fanno capo agli anni ’80, mi sbaglio?
Non ti sbagli affatto! Le mie radici musicali sono nel post punk e nelle prime band synthpop, che mi porto dietro in tutti i miei lavori. Tuttavia, devo confessare di essere un fan spudorato dei quattro artisti che hai elencato! Oltre ad avere i loro dischi, li ho anche visti in concerto: 2 volte i Justice, 2 i Royksopp e uno soltanto per Mr Oizo e M83 :-)
Ti sei affermato soprattutto a livello internazionale mentre riveli che in Italia è tutto più difficile. Secondo te a che cosa è dovuto questo tipo di difficoltà?
Sì, negli ultimi anni il web ti offre degli strumenti utilissimi per capire dove la tua musica va più forte, e grazie anche a canzoni concesse a trailer e video, diventati spesso virali, Zero call si è fatto conoscenere principalmente negli Stati Uniti, dove tuttora sto collaborando con un collettivo di sviluppatori presente al GDG pax East, una delle fiere di videogiochi più grandi del paese. Ovviamente il genere synthwave si è affermato moltissimo anche in Europa, dove sto facendo conoscere bene il nuovo materiale e il nuovo live.
Per quanto riguarda l’Italia direi che abbiamo diversi problemi in quanto a cultura della musica e dei concerti in generale. Questo penalizza ancora di più un genere di nicchia come quello della retrowave/synthwave. Fortunatamente ci sono comunque ancora etichette, promoter e artisti che hanno voglia di produrre musica e concerti di qualità in tutta la penisola e che fanno sí che ci sia sempre fermento. Sono loro che tengono in moto la macchina!
Quali strumenti usi per realizzare la tua musica?
Ovviamente la fanno da padrone i synth, e in questo caso ho utilizzato il mio Oberheim Matrix 6r e il Roland jx3p, che ormai mi segue dal 2014, dopodiché ha avuto molta importanza la presenza della chitarra in fase di stesura dei pezzi, per esempio su Markens Grøde, con Andrea, il mio chitarrista, abbiamo inciso con un’acustica 12 corde, una elettrica e un mandolino!
Inoltre ho sempre apprezzato l’uso della batteria vera e propria, che è presente su tutta Living Machines e Astrarium. È stato un lavoro meticoloso, dalla scelta degli strumenti, sino alle registrazioni e mixaggio, realizzato in gran parte con l’aiuto di un amico, Leonardo Bizzarri, il quale ha messo a disposizioni il suo studio composto da una miriade di equipment analogici, dai preamp ai compressori, tra l’altro da lui realizzati.
Zero Call traccia per traccia
Others Will Follow apre, in modo piuttosto “importante”, il disco con due minuti che sono introduttivi ma mettono già in rilievo la materia del lavoro.
Si prosegue con Prime Unit, che guizza di synth e voci robotiche, con qualche piccolo accenno di glitch.
Living Machines viaggia a ritmi alti ed evoca memorie di elettronica “classica” (Alan Parsons, Vangelis e giù di lì), oltre che sogni a occhi aperti in campo di fantascienza.
Ambienti e sonorità non troppo diverse sono quelle che sorgono da Astrarium, aperta da un recitato robotico in italiano in cui si accenna alla storia di Giovanni Dondi, astronomo veneto che nel 1300 progettò e fece costruire un astrarium, appunto, cioè un orologio meccanico in grado di riprodurre il moto del sole e di alcuni astri.
C’è una voce che declama anche all’ingresso di Faster, che però si contraddistingue per suoni che virano decisamente verso il rock, anche piuttosto aggressivo.
Markens Grode parte invece molto più tranquilla e fra sensazioni dolci. Poi si indurisce appena con ingressi sintetici a vario livello.
Si ritorna a ritmi sostenuti e a sensazioni antiche benché futuristiche con Formatted Desire e le sue voci da robot.
Deep Mind assomiglia di più a una suite con fasi diverse e l’attitudine del viaggio spaziale, prima tranquillo nello spazio vuoto, poi sempre più ritmato e pieno.
Anche Tech Addition si allunga e si sfrangia lungo movimenti e percorsi diversi, con momenti che si avvicinano al pop e altri molto più rigidi e determinati.
Si chiude con una più sottile e malinconica Solaris, altro brano ispirato al capolavoro firmato Lem-Tarkovskij-Soderbergh, qui dipanato sull’onda di dolci voci femminili.
Lavoro molto interessante da parte di Zero Call, che condensa in un disco che sta in equilibrio tra vintage e futuro. I brani sono composti con perizia e vanno a comporre un disco di tutto rispetto.
zerocall new album is amazing!!