Artetetra, neonata etichetta DIY marchigiana fondata da Matteo Pennesi e Luigi Monteanni (entrambi membri di Tetuan e Babau) pubblica un nuovo lavoro: si tratta di Landscape Suicide, uno split album che propone composizioni di Nicola Tirabasso e Valerio Maiolo.
Il lavoro è proposto in audiocassetta “realizzata in casa”, con un contenuto del tutto sperimentale, con un linguaggio musicale decostruito ed elementi ambient, drone e di altra natura che si miscelano per risultati spesso spiazzanti. I due lavori presentano lati in comune e una certa continuità sia umorale sia sonora, ma le differenze sono piuttosto evidenti.
Il lato A del nastro, a opera di Nicola Tirabasso, si apre con una crescita sostanziale e organica, che però non approda a un parossismo o a situazioni apocalittiche: semplicemente la crescita si interrompe per poi riprendere. La seconda parte del percorso prevede anche brusii di voci di fondo, un chiacchiericcio che funge da basso continuo o da ritmica irregolare. Il brusio si spegne ma non lascia spazio a immagini di speranza, anzi l’inquietudine si infittisce. Al finale si arriva dopo qualche evoluzione di sapore cosmico: non è del tutto rasserenante ma di sicuro contiene un senso di elevazione.
Ma se con il lavoro di Nicola Tirabasso si era approdati a qualche metà aerea e/o eterea, con il lato B, gestito da Valerio Maiolo, si parte dal basso: i suoni sono piuttosto terreni, le prime voci suggeriscono una certa carnalità, i rumori che si avvertono sono piuttosto materiali. Poi anche qui comincia un movimento ascensionale, anche se molto più noisy e anche faticoso.
E quando si arriva alla vetta si viene accolti da una voce maschile piuttosto imponente (può venire in mente in qualche modo il parlato di Maggott Brain dei Funkadelic, giusto per fare un paragone). La voce, dal tono profetico ma anche parzialmente ambiguo, lascia poi spazio a un nuovo climax, questa volta mirato a un parossismo ripetuto più volte. Il discorso poi va a spegnersi gradualmente nel finale, come una luce che si affievolisca progressivamnte.
Non si ascolta un lavoro come questo per giudicarne le sfumature: o meglio, tutte le sfumature sono importanti, ma è l’impatto complessivo del discorso a fornire l’importanza e la cifra del lavoro. In questo caso, anche se l’impressione è che i due autori abbiano fatto il possibile per rimanere all’interno di una forma piuttosto che spingere l’acceleratore fino allo stremo alla ricerca di una sperimentazione più ardita, il lavoro risulta d’impatto, fluido e organico, con spunti interessanti e di buona inventiva.