Fuggire o ricorrere al crowdfunding? Vincenzo Maggiore, cantautore brindisino, ha scelto entrambe le alternative per la pubblicazione di Via di fuga, il suo nuovo disco.
Si comincia con Una sottile punta d’Africa, e si capisce subito che la strada scelta è quella del cantautorato italiano recente, che pesca da sonorità del tutto contemporanee ma senza buttarsi a capofitto su estremismi sperimentali.
La chitarra comunque è tra i protagonisti assoluti del disco, soprattutto quella acustica ma anche in altre declinazioni: guida i passi di In segno di protesta, uno dei brani più importanti del disco, chiuso fra l’altro dalle parole della giovane attivista e deputata cilena Camila Vallejo al Parlamento: si parla di cambio di coscienza nella gente, e non sembra soltanto un problema sudamericano.
Pezze a colori è un arpeggio morbidissimo che si districa tra chitarra elettrica e tromba e molto silenzio di sfondo. Anche Parole sante (cosa vedi e cosa no) parte morbida ma poi acquista spessore grazie a una sezione ritmica che fornisce una notevole spina dorsale al pezzo, con la slide a fornire copertura.
Bacio sul treno pesca la struttura da un medio rock e mette in evidenza un ottimo duetto di voci con Matteo Terzi, in arte “Soltanto”, ottimo compagno di squadra presente in svariati dischi indipendenti in uscita di questi tempi.
Tempo prezioso torna su ritmi più lenti e su concetti come la necessità di rinnovarsi, le delusioni di se stessi e degli altri, perfino qualche autobiografismo sulla scrittura di canzoni.
Altrettante se non maggiori morbidezze si trovano in Parte unica, in uno dei rari pezzi in cui la chitarra rimane nell’astuccio, lasciando spazio a tastiere e archi: il pezzo è dedicato all’attentato che a maggio 2012 a Brindisi ha tolto la vita alla sedicenne Melissa Bassi che frequentava la scuola Morvillo-Falcone.
Sotto le scarpe parla di viaggi e di cammino, con un andamento piuttosto movimentato e di nuovo la chitarra protagonista. Via di fuga, la title track, apre panorami molto ampi per una chiusura molto scenografica e intensa. Più leggera Casa mia, che flirta con il reggae e lo ska, attaccando i luoghi comuni e le cattive abitudini.
Il disco è ricco di sensazioni, colpisce nel segno e alimenta una ricerca poetica di buon livello. Vincenzo ha ascoltato, ha maturato le proprie convinzioni, le ha tradotte in musica, ottenendo soluzioni che, oltre a essere molto personali, sono specchi di realtà che possono adattarsi ai punti di vista di molti. Alla fine fare il cantautore è più o meno tutto qui.