Le rose e il deserto: mi nutro di storie

le rose e il deserto

Le rose e il deserto è il progetto solista di Luca Cassano, cantautore classe 1985 nato in Calabria ma milanese di adozione. Luca inizia a lavorare alle canzoni per il suo album d’esordio, Cocci sparsi nella primavera 2017, ancora in fase di completamento. Prima di lanciare il suo progetto solista, Luca ha suonato nei locali milanesi con le band Citofonare Colombo e Il quinto piano. In entrambi i gruppi Luca cantava e suonava chitarra e ukulele.

Mi puoi raccontare la tua storia fin qui?

Iniziamo col dire che io non sono un musicista per professione. Di lavoro faccio il ricercatore universitario. Forse non sono neanche un musicista, o almeno non sono un musicista propriamente detto. Ho studiato musica 20 anni fa e non ho mai continuato gli studi; non ho mai studiato canto (e si sente).

Sono principalmente un lettore: un lettore vorace, insaziabile. Mi nutro di parole e di storie da quando avevo 14 anni. Non ho mai smesso di leggere, qualsiasi cosa passasse per casa. In qualche modo le parole sono la mia materia. Il passo dal giocare con le parole lette allo scrivere parole per gioco è stato brevissimo.

Cinque anni fa ho comprato una chitarra e ho cominciato a suonare cover nei locali di Milano insieme al mio ex coinquilino (ci facevamo chiamare Citofonare Colombo). Dopo poco ho sentito l’esigenza di esprimere me stesso attraverso la musica in maniera più profonda: cantare canzoni di altri autori come passatempo mi stava sempre più stretto.

Ho iniziato a lavorare ai testi delle mie canzoni un paio di anni fa. Da allora ne sono nate una ventina, che in pochi hanno ascoltato, visto che non c’è ancora nulla di pubblicato, se non delle rudimentali registrazioni caricate su Soundcloud e Youtube.

Il progetto solista Le rose e il deserto è nato la scorsa estate, quando il mio precedente gruppo (Il quinto piano) ha deciso di sciogliersi. Avevo ancora voglia di portare in giro le mie canzoni, seppur in una veste totalmente diversa. Ed eccomi qua!

Hai scelto come nome d’arte Le rose e il deserto: puoi spiegare perché?

Volevo dare un nome poetico ed evocativo a un progetto che punta molto sulla poeticità dei testi. Ho letto da qualche parte che le rose del deserto nascono in condizioni climatiche estremamente rare e che rimangono sepolte sotto la sabbia finché i Tuareg non le trovano.

Questo mi ha fatto pensare ai miei testi, che non nascono mai a seguito di una pianificazione, ma sempre in maniera totalmente inaspettata e apparentemente casuale; e poi, lentamente e con delicatezza, scavando fra le sabbie del pensiero, vengono fuori le rose delle parole.

In più mi piaceva che già dal nome venissero fuori le due anime del progetto e della mia musica. Da un lato il tentativo di esorcizzare attraverso la parola in musica le mie ansie e paure, il mio rapporto con le passioni e con i miei genitori, il mio amore/odio per la città in cui vivo. Dall’altro lato la necessità di gridare contro certe ingiustizie che ancora oggi siamo costretti a vedere quotidianamente, per esempio il razzismo sempre più dilagante. Penso che le rose e il deserto catturino questi due aspetti e queste due esigenze della mia scrittura.

Hai registrato alcune canzoni per un demo che sta ancora prendendo forma. Vorrei sapere come nasce “Pirati”

Pirati è l’ultima canzone che ho scritto: una canzone che ho coccolato per tutta l’estate. Come tutte le mie canzoni è un mix di sensazioni e pensieri che ho percepito nel periodo in cui la stavo scrivendo. L’idea iniziale è venuta da un racconto di un “quasi naufragio” in barca a vela vissuto in prima persona da un mio caro amico. Ho cominciato a fantasticare sul tema “naufragio” e su possibili incontri con dei pirati.

E poi, a gamba tesa su questo testo è entrato Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, che ho letto molti anni fa, ma che mi è tornato in mente magicamente proprio nei giorni in cui stavo scrivendo il testo della canzone. E quindi il protagonista di Pirati ha smesso di essere un naufrago ed è diventato egli stesso un pirata. Un pirata però molto strano, visto che non attacca niente; anzi difende, proprio come il protagonista del romanzo di Buzzati!

E anziché stare in mare, il nostro pirata difende un deserto, dove, tra l’altro, non succede nulla, forse non non c’è neanche un vero nemico, o forse c’è, lo si sente in lontananza, ma forse è solo un’allucinazione. Tutto ha preso le sembianze di una favola o di un sogno. E chi ci raccontava le favole per farci sognare se non la mamma, alla sera? Da qui il ritornello dedicato, appunto, alla mia mamma. E poi oh, è proprio vero: la mia mamma da giovane era bellissima! 

Hai qualcosa da raccontare anche su “Cocci sparsi”?

Penso che ognuno di noi sia il puzzle di tutte le esperienze, dolori, letture, ascolti, lutti, lavori, relazioni, studi, viaggi e via dicendo che ha fatto durante la vita. Ognuno di questi aspetti ci lascia qualcosa dentro, che prima o poi ci accorgiamo di portare sempre con noi.

Come se andassimo in giro per strada, o al mare, sulla spiaggia, e raccogliessimo conchiglie, pezzi di vetro, tappi di bottiglie, sassi, pagine di giornali, libri abbandonati, legnetti e ci portassimo tutto a casa per poi guardare a mesi o anni di distanza questa collezione di cianfrusaglie e scoprire che ognuno di questi oggetti ci è servito a qualcosa.

Be’, penso che le esperienze della nostra vita siano un po’ così, un po’ dei cocci sparsi, che accumuliamo. Questa canzone, che nelle mie intenzioni è anche la title track del mio futuribile album, vuol parlare proprio di questo.

Qual è la genesi di “Chissà com’è”?

Chissà com’è è una canzone che parla dei miei genitori e ai miei genitori; parla del rapporto che negli anni ho sviluppato con loro. I miei genitori non si sono mai raccontati molto; hanno sempre preferito far parlare i fatti e non farmi mai mancare nulla. Dall’altro lato però non siamo mai stati una famiglia molto comunicativa e sentimentale. Arriva però un momento della vita in cui ci si chiede chi siano stati i propri genitori prima di diventare genitori.

Ed anche dopo essere diventati genitori: quali fossero le loro paure, i loro desideri e i loro segreti. Tutti quegli aspetti che rendono i genitori degli uomini e delle donne normali. Ogni tanto io e mio fratello scopriamo delle storie, dei dettagli, dei segreti familiari di cui non avevamo mai sentito parlare. Chissà com’è parla di questo: della mia ansia di strappare il maggior numero di dettagli possibili alla memoria di mia madre, per poter, prima o poi, dire davvero di aver conosciuto la donna che è. 

Se potessi scegliere un produttore per il tuo primo disco, chi sarebbe?

Non so se si possa considerare un vero e proprio produttore, ma so per certo che Emanuele Colandrea, oltre a scrivere delle canzoni meravigliose per il suo progetto solista, produce artisticamente gli album di Emanuele Galoni. Adoro le canzoni di questi due cantautori laziali pressoché sconosciuti al grande pubblico. Adoro la loro scrittura e i loro suoni. La semplicità con cui accompagnano, esaltandolo, il testo. Be’, poter lavorare con Emanuele Colandrea, magari facendogli suonare la batteria in qualche mio pezzo, sarebbe grandioso!

Quali sono i tuoi punti fermi tra i dischi che ascolti?

Cavolo, questa è una domanda veramente difficilissima. Ti cito i cinque che mi capita spesso di riascoltare:

  • Lo specchio e l’aspirina degli Eva mon amour (il vecchio gruppo di Emanuele Colandrea) per il sound e la scrittura.
  • Pubs and clubs di Francesco De Gregori, per come un cantautore infinito come il principe abbia saputo rinnovarsi, accerchiandosi di giovani musicisti, a sessant’anni. E poi, ce l’ho in cd in macchina!
  • Il fuoco in una stanza degli Zen Circus, per come siano riusciti a fare un disco dove ci sono solo canzoni bellissime. E poi le tematiche trattate nei testi di Appino sono molto vicine alle mie.
  • Riportando tutto a casa dei Modena City Ramblers, perché ho iniziato ad ascoltare musica, quando avevo più o meno 15 anni, con questo disco, regalatomi da mio fratello.
  • Nostra signora della dinamite di Giorgio Canali e i Rossofuoco, per come anche un gruppo punk (chissà se Giorgio si incazzerebbe a sapere che lo definisco punk) possa cantare dei testi altamente poetici.

Lo so… sono tutte scelte piuttosto inusuali…

Stai componendo i pezzi, presumo con l’obiettivo di pubblicare un primo disco. A che punto sei e quali sono le difficoltà principali che incontri?

Come dicevo, di pezzi pronti nella loro versione chitarra + voce ce ne sono una ventina. Da qui a pubblicare un album (ma anche solo un ep) ne passa di acqua!!! Ho iniziato a guardarmi intorno, cercando di capire, se, quando e come registrare e pubblicare un album. Per i prossimi mesi, sicuramente, potrete ascoltare live le rose, e, ogni tanto, quando non è di cattivo umore, anche il deserto, in vari locali di Milano.

Per rimanere aggiornati:

https://www.facebook.com/leroseeildeserto

https://www.youtube.com/channel/UCwMeiPcJVWIiEFoFU-29dfw

https://soundcloud.com/user-718339961

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