Di Chiara Orsetti

Il percorso di Andrea Biagioni nel mondo della musica è cominciato fin dall’infanzia: a 10 anni si è avvicinato  allo studio del pianoforte, arrivando poi alla chitarra, suo vero amore. Dopo la gavetta sui palchi dei locali della scena toscana, raggiunge la semifinale di X Factor con il brano Il mare dentro. Seguirà Manuel Agnelli in tour insieme agli Afterhours per aprire le prime dodici tappe del Folfiri o Folfox Tour 2017, e proseguirà a comporre le sue canzoni fino all’uscita del suo nuovo album. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.

Intimo e confidenziale, il tuo nuovo album si intitola Pranzo di famiglia. Lo hai scelto per far entrare gli ascoltatori nel tuo mondo, nella tua sfera privata?

Quando un artista crea un brano, scrive dei testi, fa un’opera d’arte che comunque parla di sé o di qualcosa che vede attraverso il proprio punto di vista. In ogni caso si tratta sempre di parlare di se stessi. Siamo egocentrici noi artisti! Al di là di questo, il titolo Pranzo di famiglia l’ho scelto un po’ anche per mostrare qual è una delle mie ricchezze, una delle cose belle che ho nella mia realtà, anche perché venendo da un talent, lì, se non ti è successo un dramma nella vita, non sanno cosa chiederti nelle interviste. Io sono tranquillo e non ho mai avuto per for cose particolari, semplicemente ho una gran bella famiglia.

Uno dei brani che mi ha colpito è Violet Peonie, che è stato scelto come singolo. Ti è capitato spesso di aver incontrato, nella tua vita professionale soprattutto, qualcuno che volesse cambiarti, magari anche con le migliori intenzioni?

Mi è capitato nella vita di trovare qualcuno, persone, amici, compagni che hanno provato in un certo senso a cambiarmi. Magari ci sono riuscite per brevi periodi, ma poi la mia natura, per fortuna, mi fa trovare sempre la forza di liberarmi da queste catene. Sono stato sempre un personaggio molto libero, con una forte necessità di libertà: non mi puoi chiudere in una gabbia, perché impazzisco! Nel brano “Violet peonie” si parla anche di questa cosa: io sono come sono ed è inutile che provi a cambiarmi, sono così: o mi ami o mi odi.

Subito dopo l’esperienza a X Factor hai avuto l’opportunità di aprire i concerti degli Afterhours per il Folfiri o Folfox Tour 2017. Cosa puoi raccontare di questa esperienza? E qual è stata la più grande lezione imparata da Manuel Agnelli?

Nel 2017 ho aperto le 12 date del tour degli Afterhours nei palazzetti e nei club da 3500/4000 persone. È stata un’esperienza incredibile, affrontare l’esperienza di aprire chitarra e voce concerti di leggende con un pubblico così di lunga data è davvero da super eroi! Innanzitutto sei in apertura di una band importante che ha una storia di 30 anni e che finalmente ce l’ha fatta a varcare la soglia della notorietà che ti porta in modo sano ed onesto a raggiungere una realtà come il Forum di Assago o concerti di quel livello. È stata una cosa molto molto formativa.

L’insegnamento più importante che mi ha dato Manuel? Una cosa importante che mi ha detto è: “Non ti accontentare mai di quello che sai già fare”. Lui mi ha sempre detto che sono un bravo musicista, un bravo cantante, ma anche di non adagiarmi mai su questa cosa ed essere sempre affamato di crescere e di conoscere. E poi mi ha insegnato che questo mondo musicale è un mondo di merda. Bisogna sempre mantenersi al di fuori di quello che succede, mettersi in una campana di vetro, schermati, e non perdere mai di vista il proprio focus, il proprio obiettivo.

Con le sue riflessioni mentre fuori dal finestrino scorre il mondo, Capotreno è uno dei pezzi che ho riascoltato con piacere. Il viaggio e il suo potere di fare ordine nei pensieri è sempre un tema affascinante, che accomuna molti artisti ma a cui tutti sanno dare un’impronta personale. Che tipo di viaggiatore sei?

Se me lo potessi permettere, sarei un viaggiatore da Cadillac rosa volante in pelle di orso bianco, sulla 66, su e giù, con le mie chitarre sui sedili posteriori. Il viaggio è un’azione, un momento, un qualcosa che ti dà modo di scavare in profondo nei pensieri, anche perché lo si fa spesso per lunghi periodi, per lungo tempo. A me piace molto viaggiare in macchina, se viaggio per 3-4 ore e magari mi ascolto delle canzoni. Il fatto di fare una cosa in loop, continuativamente, come guidare, ti aiuta a liberare molto la mente, a far passare pensieri in modo veloce e a non soffermarsi troppo.

È una sorta di meditazione attiva. Spesso e volentieri il viaggio serve per far riflettere, che sia in treno guardando fuori dal finestrino o che sia in macchina. Il viaggio è stato fondamentale nella mia vita. Quando sono stato in America, ho viaggiato molto e camminato tantissimo, ho rivisto tutta la mia vita, tutti i miei sbagli, tutte le complicazioni. Lì ho deciso di cambiare marcia e di prendere delle decisioni importanti che mi hanno portato fino a qua.

Oltre alla chitarra suoni l’armonica, alcune percussioni, il pianoforte e il basso elettrico. Le tue canzoni nascono tutte insieme allo strumento con cui siamo abituati a vederti sul palco o possono spaziare a seconda dei momenti?

Solitamente le canzoni le scrivo con la chitarra perché mi è più immediato, non devo pensare agli accordi, guardare lo strumento. La chitarra è la mia terza mano. Quando scrivo devo suonare in modo molto semplice, accordi molto pianistici, senza particolari colori, altrimenti non riesco a capire la melodia come funziona. Si dice “suonare la chitarra in modo pianistico”, come sul pianoforte, perché il pianoforte è un po’ il re degli strumenti per scrivere canzoni.

Solo che a me il pianoforte non fa impazzire come suono, quindi spesso mi metto lì, provo a scrivere una cosa, mi annoio e torno alla chitarra. Certe volte mi viene da scrivere una melodia senza la chitarra, senza lo strumento: nell’immaginazione canto una melodia, immagino l’accordo sotto e costruisco la struttura del brano canticchiando, come si potrebbe fare sotto la doccia, per intendersi.

Puoi raccontarci com’è nata la copertina di Pranzo di famiglia? Sembra davvero uno dei lavoretti che si fanno a scuola da bambini… con la stoffa e la colla.

Per quanto riguarda la copertina di Pranzo di famiglia, tutti questi lavori hand-made sono opera di Augusto Titoni, il mio “compagno” grafico, nonché stilista, che mi dà una mano a fare tutte queste cose. Tutto è improntato sul punto di vista del bambino che costruisce qualcosa, che ricorda e che affronta, che rivede tutta la sua vita, i suoi sentimenti e le sue emozioni attraverso quest’occhio non più infantile, di un bambino che ormai è grande.

Ci sono tutti questi colori, questi materiali che hanno fatto parte della sua vita, questo modo rotondo, mi viene da dire, di disegnare e rappresentare graficamente e fisicamente le emozioni, le cose… Questa copertina è nata dall’idea dei primi due video che abbiamo fatto insieme io e Augusto (quelli  di Alba piena e Violet peonie). È tutto collegato a questo punto di vista, del bambino che affronta i propri ricordi.

Ci sono diversi appuntamenti per vederti live e ascoltare i brani del tuo album. Sarà un tour acustico, chitarra e voce. Sei emozionato al pensiero di stare solo sul palco con le tue canzoni?

Sarà un tour acustico, per il momento. Come nel brano la chitarra acustica è il leader e la base di tutte le canzoni, anche per il mio inizio di tour partiamo da lì: sarà la chitarra acustica a regnare sul palco. Sono molto emozionato. La mia natura è quella di chitarrista cantante. Mi sono sempre trovato a fare le cose belle e grandi da solo. A livello di emozione, è un’emozione che ho già vissuto più di una volta ed è un’emozione che diventa quasi una droga: tanto difficile da sostenere sul palco, quanto difficile farne a meno quando non ci sei.

Sarà sicuramente molto bello perché si parla di tante date e di tanti concerti. Sono anch’io molto curioso di vedere come le persone reagiranno ai brani miei, perché per le cover, anche riarrangiate (che sono quasi più brani miei che brani originali di altri cantanti), è un gioco più facile conquistare il sorriso dell’ascoltatore. Suonare i propri brani: è lì che viene la sfida, quindi sono molto curiosi di vederli. O la va o la spacca!

Concludiamo con una playlist, come da tradizione. Hai qualche canzone, magari che mantengano la stessa atmosfera del tuo disco, da suggerire ai nostri lettori?

Più che una playlist, mi piacerebbe molto che gli ascoltatori quando ascoltano il mio disco vivessero quello che io vivo quando ascolto Co e Dreaming di Iron and Wine. Come playlist potrebbe essere una bella idea l’album dove si trovano quei brani.

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