Bologna Violenta,”Bancarotta morale”: la recensione

Bancarotta Morale è il sesto album di Bologna Violenta. Il disco è la naturale evoluzione di quanto proposto fino a oggi, anche se il risultato finale presenta sonorità e atmosfere che evocano mondi molto lontani da quelli degli esordi.

La prima parte è caratterizzata da brani veloci e molto brevi in cui viene sviluppata la formula del precedente ep Cortina con l’uso di violino, batteria e bass pedal, a cui si aggiunge un armonium elettrico a fare da contrappunto melodico.

La seconda è composta da un unico brano nato da un’improvvisazione all’organo, successivamente arrangiata con archi, sintetizzatore, armonium e campionamenti. Il risultato è una sorta di colonna sonora per un flusso di pensiero: dopo i primi minuti di stasi, le atmosfere cambiano rapidamente, spostandosi da momenti di apparente serenità ad altri più dichiaratamente claustrofobici, in cui la melodia viene soffocata da cluster di armonium.

Bologna Violenta traccia per traccia

Partenza circospetta e inquieta per il disco, con Estetica morale e il suo violino. Tutt’altre idee quelle de Gli Affari, che furoreggia a piena banda, tra il punk e il folk.

Tratti simili ma un po’ più aperti quelli de Il Santo, comunque intensa e battente. La scuola ha accenti un po’ più malinconici, senza rinunciare a un battito frequente.

Il ladro è una fuga veloce con un passaggio sotterraneo imprevisto e improvviso. Molto più isterica Il picchiatore, che è quasi una tarantella elettrica e impazzita.

Si prosegue nell’esplorazione sonora di figure negative con Lo stupratore, divisa in due momenti e movimenti molto dinamici e anche spiazzanti. Saltella parecchio Il Baro, intessuta di folk e danze di piazza.

Si incomincia con brani un po’ più lunghi grazie a La sposa, non particolarmente allegra ma anzi solenne, come se fosse da accompagnare più verso una condanna che all’altare.

D’altra parte Lo sposo impazza e si fa frenetico, con suoni che scappano da tutte le parti, fanno pensare a certo jazz di stampo impro e a contaminazioni di vario sapore.

Si torna sul breve e sul combat folk con La fidanzata. Né risulta più tranquilla La cognata, che anzi ha corse da fare a tutta velocità.

Probabilmente è necessario Lo Psichiatra, a questo punto, che riporta una certa calma sentita e malinconica, con qualche momento particolarmente rumoroso.

Ed eccoci ai passi finali del disco: prima la melodia classica e triste di Sophie Unschuldig, in crescita continua ma anche in cambiamento, con ritmi che si insinuano e modificano paesaggi e umori.

La suite finale Fuga, consapevolezza, redenzione supera i 19 minuti ed è un mondo a parte. A dettare gli umori qui sono soprattutto le tastiere dell’organi, capaci di orientare flussi sonori lunghi e intensi. C’è un che di psichedelico e anche qualche deriva industrial in un brano lungo e potente, anche selvaggio per certi versi pur rimanendo sempre a esplosività controllata.

Un lavoro intenso e monumentale, come si dice in questi casi, per Bologna Violenta, che fornisce una colonna sonora vibrante alla Bancarotta morale alla quale i nostri tempi sembrano così affezionati.

Un lavoro “da orchestra” ma senza perdere il gusto per il dettaglio, profondo e certosino, con le scene brevi e fugaci della prima parte che lasciano spazio alle ambizioni dell’ultimo brano. Una ricchezza di idee che trova perfetto riscontro nell’attuazione di un disco molto significativo.

Genere: strumentale, folk

Se ti piace Bologna Violenta assaggia anche: Calibro 35

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