Nuova proposta di recensioni in breve da TRAKS: ecco cinque dischi usciti da un po’ che potresti esserti perso per strada.

Starship 9, “Stelvio”

recensioni in breve, starship 9Stelvio è il  debutto assoluto del duo Starship 9, sarà disponibile in tutte le principali piattaforme di distribuzione digitale. Ernesto Cornetta e Fabio Fraschini, pubblicano quattro tracce a metà tra il gusto retro-futuristico del pop elettronico anni Novanta europeo e le atmosfere delle soundtrack vintage italiane. Si parte da Home Again, morbida traccia elettropop con atteggiamenti corali. Si passa a un cantato italiano e femminile con Stelvio (Quei giorni insieme), che si inoltra con sinuosità nelle atmosfere anni Settanta dei film di genere italiani, aggiungendo un po’ di malinconia all’easy listening. Pianoforte e una certa tristezza in Cinema Roma, su cui si innesta una frase struggente di sax. Si chiude con una rilettura di Home Again ottenuta utilizzando il vocoder. Idee interessanti anche se non sempre omogenee quelle degli Starship 9, chiamati comunque a una conferma su distanze più lunghe.

I Dei dell’Olimpo, “UNO”

Si chiamano I Dei dell’Olimpo, con l’articolo sbagliato, e suonano un rock energico con qualche vena progressive. UNO è il primo album, con testi cantati in italiano e buone dosi di energia. Gli argomenti trattati sono piuttosto vari: si va dalla religione in Strada per il Paradiso a percorsi più misteriosi come quelli di Mille anni dall’ombra, che si lascia andare a digressioni barocche. Società, in realtà, è un inno hard rock all’asocialità. Invece si indulge all’autocritica con Sono un pagliaccio. E’ una fotografia si tuffa nel blues old style. Ballata un po’ retorica Ma siamo in Italia, mentre la chiusura con Verdiana è piuttosto acida e diretta. Il disco è scorrevole, anche se piace di più quando si libera dai cliché dell’hard rock.

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Giovanni Cinque, “Hobo”

recensioni in breve, giovanni cinqueHobo è il primo disco da solista di Giovanni Cinque, registrato a KmZero presso il Monopattino Recording Studio di Peppe de Angelis a Sorrento (Napoli). Fin dalle prime battute di La Guerra, che apre il lavoro, si intuiscono i binari di un lavoro che mescola cantautorato, rock e melodia, facendo perno sulla voce e il testo. Molto vivace Anna, più cantautorale ma con la chitarra elettrica che si impegna a fornire sfondi suggestivi. Città in fiamme prende di petto le tematiche del lavoro ma senza alzare la voce. Più leggera Anche questo è l’amore, con qualche tinta western rock. Si scivola tra episodi intimi o più aperti, come Sogna ancora, spesso sotto impressioni letterarie. Ci sono pezzi sardonici e narrativi come Vittorio oppure insinuanti come L’infame, in un disco completo e ricco. Ambiziosa e ritmata Prometeo, mentre il disco va a concludersi con la deandreiana Masà, non prima di aver concesso istanti di dolcezza e malinconia con Starhotel. Tra la slide e il synth Giovanni Cinque riesce a far insinuare qualità da cantautore sensibile e appassionato: un disco meritevole di attenzione.

La Base, “La Base”

recensioni in breve, la baseLa Base è un gruppo hip hop che esordisce con un ep omonimo da sei pezzi.  La formazione propone un sound che si muove tra armonie figlie del jazz e melodie soul accompagnate da beat e rime rap. A conferma immediata ecco Basta che ci sei, ritmato pezzo d’apertura ricco di groove. Ma anche la più sfumata Dillazilla, che però nel testo si occupa di politica e di “valori”. E se ci sono episodi “confrontational”, tipo Face to Face, spesso si scivola verso circostanze più oziose, per esempio in Get Down. Il senso si immerge in qualche oscurità vellutata con una lettura a più livelli. Il disco chiude con Resti qui, tappeto elettrico/elettronico con tendenze vintage appoggiata su ricchi cuscini soul.

 

Alberto Nemo, “6×0 live vol. 1”

recensioni in breve, alberto nemoAvvolto nel mistero quasi totale, Alberto Nemo pubblica 6×0 live vol. 1. Questo è il primo disco per il polistrumentista, cantante e produttore veneziano. E sotto l’etichetta del “post-pop” si distendono sei tracce oscure e profondamente cupe, a partire da Anthropomorphos, che apre con toni da musica sacra di ispirazione controriformista/barocca, falsetto compreso. L’atteggiamento non cambia con 13 lucertole, che però spinge le sonorità più vicino a sensazioni post rock. Incubi e veglie difficili costellano In-Somnem, mentre Se(m)mai abbonda ancora di falsetti. Si chiude con il crescendo drammatico di Non posse non finire, con archi e immagini di morte. Non un disco semplice, qui e là un po’ pretenzioso, ma con qualche idea interessante e di sicuro lontano da tutti gli schemi.

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