La via più facile è dire “i Bronson sono il nuovo gruppo di Lara Martelli”, ma significherebbe mettere in secondo piano il fatto che la prima uscita del gruppo, Qui nel baratro… tutto bene, suona davvero come il disco di una band, non di una cantante con un pur affiatato gruppo di musicisti alle spalle.

Poi è chiaro: la faccia della Martelli è in copertina e la sua voce caratterizza il disco, ma insieme a lei ci sono musicisti “veri” (Pierfrancesco Aliotta al basso, Vieri Baiocchi alla batteria, Giorgio Maria Condemi alle chitarre) che conferiscono al disco un aspetto e una sostanza garage senza molti compromessi.

Bronson traccia per traccia

Si parte da Avida, che si incaponisce su un basso slappato per poi costruire un rock piuttosto ricco ma diretto. Più mediate le sensazioni trasmesse da Chimera, che dopo un’intro che fa pensare a citazioni zeppeliniane, sale di colpi e approda a un finale molto intenso.

Si abbassa la voce e il volume attraverso Contare, melodica e dal passo lento, con caratteristiche di pop elegante senza rinunciare a qualche graffio di chitarra. Dopo un’introduzione multilingue piuttosto curiosa, parte Generazione, che mette sul tavolo l’idea di ritornare a fare rumore, con chitarra e batteria in particolare. Quando entra la voce di Lara gli strumenti le fanno spazio, ma il riff torna al centro della scena, in uno dei brani più significativi dell’album.

Ci si aggira in bassifondi new wave con Inverno, con violini che entrano a fare da contraltare alla passione trasmessa dalla voce. Passione che non diminuisce nella più rumorosa La Felicità, con chitarre che possono riportare alla mente alcune pagine ad alto volume dei Cure, ma con esiti molto vibranti.

Les Amants, con probabile riferimento al film di Louis Malle del ’58, percorre le delicate tematiche della coppia all’interno di un rock con caratteristiche e velocità punk. Ci si inoltra in territori reggae (ma chiaramente filtrati à la Police) in alcune parti di Luna, che per il resto si dipana come rock consistente con il basso in evidenza e anche con qualche appendice beatlesiana (zona Tomorrow Never Knows). Il risultato è un pezzo interessante e con derive psichedeliche.

Provincia, la prima canzone scritta dalla band per l’album, è un pezzo ritmato dalle facce differenti e dall’andamento fluido che è interrotto volutamente da intervalli sincopati. Rec & Play è il robusto e sensuale pezzo (anche questo con tratti zeppeliniani) che è stato scelto come singolo e video, ottimo biglietto di presentazione del disco.

Solo Molotov alternativa 1 è tra i pezzi più acidi del disco, con un drumming molto potente e rumoroso. Si chiude con Vittima, ancora con la batteria che si prende le proprie responsabilità, ma anche con chitarre in crescita e una potenza che si consolida a ogni ondata.

Disco “maturo”, quello dei Bronson, anche con qualche caratteristica di fragranza pop, ma senza scendere mai sotto certi canoni di raffinatezza: voce e personalità della Martelli possono piacere oppure no, ma si devono riconoscere i meriti di un album che è costruito e suonato con i crismi giusti.