Era il 2019, gli Ex-Otago pubblicavano Corochinato, che conteneva Solo una canzone, presentata al Festival di Sanremo. L’indie pop era arrivato al top della musica italiana e la band genovese sembrava approdata allo step successivo della propria carriera. Eppure il covid, i progetti solisti, una voglia di fuga e di riservatezza molto ligure hanno fatto sì che Carucci e compagni non abbiano più fatto un disco fino a oggi, cinque anni dopo. Anche se probabilmente non hanno mai smesso di volersi bene.

Ecco quindi Auguri, il disco del ritorno per una band che aveva seminato il dubbio che non ci sarebbe stato margine per una reunion. Ma ora che i tempi sono più difficili, e che davvero c’è bisogno di “auguri”, gli Otaghi si rifanno vivi.

Ex-Otago traccia per traccia

Di mancanze e di barche lontane dall’acqua si ragiona in una pacifica e malinconica Mi sei mancata (Quiete): gli Otaghi prendono a parlare subito di assenze e distanze, come ci si può aspettare da un disco che celebra un ritorno. I ricordi fanno male e tagliano come lame, c’è la tentazione di annegare, ma arriva il pianoforte e calma tutti.

Movimenti un po’ più svelti quelli di John Fante, presente soltanto sul vinile e non in streaming: il brano celebra una certa fisicità, ma anche soltanto come spunto iniziale. Lo scrittore americano è oggetto di un paragone e poco più, per il resto si parla di relazioni e di cose che piacciono.

C’è anche Olly, altro genovese doc, a duettare su Non credo più a niente, pezzo molto pop e piuttosto spinto, con un certo scintillio di synth. Il pezzo è piuttosto vertiginoso e divertente, parla di sofferenze e di indifferenze ma lo fa con parecchio sangue che scorre.

Si torna a cantare un po’ sottovoce con Esseri speciali, che parla di crescita e costruisce organicamente sui ricordi. Un pezzo che sa di notte, di memorie e che in qualche modo celebra la fragilità.

Tranquillo anche il passo di Con te, molto descrittiva e di nuovo adatta a un discorso molto fisico ma anche intimo, con gli archi che sottolineano le parti più poetiche del brano.

C’è la ballatona e ci sono i Coma Cose per Soli, con qualche cesello di California e Fausto (che parlano della droga raccontata dai borghesi). La solitudine è cantata e quasi gridata, mentre toni malinconici ammorbidiscono il tutto.

Niente di romantico invece per Mondo Panico, che può contare su Fabri Fibra per dare sostanza a un brano che vive di momenti diversi e di contrasti. Sax anni Ottanta per il finale.

Ecco poi La puzza della città, uno dei singoli che hanno presentato il disco: la tristezza della solitudine urbana è raccontata con un certo pathos ma anche con colori diversi.

Forse non si può è anche più colorata, vagamente tropicale, con cori e percussioni, contraddistinta da un movimento continuo. Cose che si possono e non si possono fare sono esaminate dal testo, ma con lo spirito di chi vuole infrangere i divieti anziché fermarsi all’alt.

Si chiude con Stronzate, che assomiglia a un pezzo estremamente autobiografico e sincero. “Cosa fai zappi la terra e canti?” è una domanda che evidentemente Carucci si è sentito rivolgere qualche volta. E’ meglio lasciar perdere tutte le stronzate e tutte le incomprensioni. E cantare, che fa sempre bene.

E’ un buon ritorno quello degli Ex-Otago, che non fanno niente di stupefacente rispetto a quanto già si conosceva di loro. Ma nella continenza ci sono parecchie virtù: anzi è in qualche modo rinfrancante lasciarsi andare nel loro pop morbido e non troppo complicato, ascoltando qualche storia e magari struggendosi un po’, qui e là. C’è bisogno di auguri, si diceva, e anche di qualche rassicurazione.

Genere musicale: indie pop

Se ti piacciono gli Ex-Otago ascolta anche: Calcutta

Pagina Instagram Ex-Otago

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