Come quei film che iniziano che da semplici polizieschi per poi diventare thriller psicologici, o le commedie romantiche e poi fanno scoppiare a piangere, talvolta anche la musica diviene inclassificabile e ciò che suona giusto e calibrato, in realtà non è che la commistione infinita di influenze e generi che talvolta, per ignorante comodità, chiamiamo jazz, musica strumentale, e via così.
Qui di seguito dieci artisti un po’ anarchici, tutti rigorosamente italiani, di cui è difficilissimo parlare in termine di genere, ma che vi conquisteranno facilmente e con i quali non tarderete a fare bella figura qualora decideste di farne sfoggio alle cene (cosa che consiglio).
La Macchina di Von Neumann
Musica strumentale di Milano che definire semplicemente “musica strumentale” è abbastanza riduttivo, perché le sono sono suggestioni notturne (ideali per le passeggiate invernali lungo i Navigli dopo le otto di sera) che spaziano dall’ambient a esplosioni di post rock che si alternano e compongono in strutture e armonie quadrate, precise. Questi gli ingredienti di Formalismi, un debut album di pura estetica. Per chi non vuole essere definito ma ama le regole, e per tutti i fan degli Explosions In The Sky che non hanno più dischi nuovi da ascoltare.
Andrea Sertori
Se la musica per ascensori avesse un umorismo, suonerebbe come quella di Andrea Sertori. Virtuosismo synth, motivi che in qualche modo sembrano richiamare la dimensione dell’infanzia, quello che lui definisce un collage di pensieri estemporanei. Andrea Sertori non è solo un nome che non vi dice niente, ma un musicista fantascientifico e divertente appassionato probabilmente di colonne sonore di videogiochi. Ci informano che sta per uscire un nuovo brano, non vediamo l’ora!
Mombao
Synth e batteria. Cantano entrambi. Origini diverse che toccano Italia, Slovenia, Germania e Iran. Uno dei due è Damon Arabsolgar, voce dei già più conosciuti Pashmak. Oscuri, elettronici, contorti. Un loro concerto è una sorta di rito pagano, di danze e perdizioni tribali. Due strumenti, tutto suonato live. Ideale per quelli che “io ascolto tutto” e quando lo dicono sono sinceri, non ignoranti, per chi ama la Milano underground e non ha ancora finito di scoprirla, per tutti voi, musicofili fumatori notturni che amate staccare il cervello e ballare nei circoli Arci.
Deaf Kaki Chumpy
E a proposito di Milano underground, è ora di parlare dei Deaf Kaki Chumpy – caledoscopico ensemble di 18 elementi (due batterie, synth e ottoni etc…), che tengono a non essere definiti stravaganti, almeno non per essere 18. Il loro nuovo ep Stories spazia dal funk all’R’N’B, passando per virtuosismi jazz e persino segmenti di rap. Sono una forza, un meccanismo ad incastro ben oliato che va che è una meraviglia e non sbaglia un colpo – ne è la prova la loro personalissima versione di Thinking Out Loud di Ed Sheeran approvata dall’artista stesso.
Plakton Dada Wave
Come unire con abilità grandi competenze musicali, umorismo per lo più nonsense (come l’assurdo utilizzo dello spagnolo), citazionismo, un savoir faire à la Talking Heads e una sola regola: che vi sia dadaismo musicale, e per dadaismo intendiamo l’accostare elementi che nessuno oserebbe mai accostare, ma che per qualche strano motivo una band di folli audaci ha deciso di unire. Per chi ama i Devo, B52 e i Black Sabbath (se ascoltate il loro ultimo Dada Niet capirete), per chi finisce a festeggiare Capodanno in ospedale e per chi si ubriaca col collutorio.
Indianizer
A proposito di utilizzo dello spagnolo, ci sarebbero anche gli Indianizer. Band torinese i cui brani si adattano facilmente durante i djset al Leoncavallo in mood fattanza, nella playlist cumbia-centriche di Davide Toffolo, sicuri e professionali sul palco del Todays, come nei piccoli club di provincia in Europa. Movimentati, pazzi, frenetici, non adatti ai deboli di cuore, benvenuti gli scatenati, gli impiegati che prolungano troppo l’orario dell’aperitivo dopo il lavoro e a tutti i disadattati.
Rosario Di Rosa
Considerazioni sul suo ultimo Compositions and Reactions: psichedelia al piano. Sì sarebbe facile dire “jazz”, ma la verità che nello stile di Rosario di Rosa si trova tanta voglia di abbattere le regole, di fare tutto come gli pare, di combinare un attitudine punk al piano jazz. E non è tutto, pare stia arrivando del nuovo materiale (lo dicono i social, non io) realizzato in collaborazione con Alberto Turra e Sarah Demagistri (o anche Sarah Stride) e noi abbiamo voglia di vedere questo potenziale esplodere in nuove venature post rock.
Shkodra Elektronike
Dietro quello che sembra un nome impronunciabile (ma si pronuncia esattamente come si legge), si nasconde in realtà il nuovo progetto di Kole Laca, musicista albanese già mente dietro alle diavolerie elettroniche di Teatro Degli Orrori e 2Pigeons, che dà vita a un nuovo progetto che nasce e si sviluppa in una dimensione unicamente live e che consiste nella rielaborazione in chiave elettronica di musiche tradizionali della città di Scutari, Albania. Un trip imperdibile.
TAAN Trio
Ai più attenti musicofili il nome di Alberto Turra (già citato nel paragrafo di Rosario di Rosa) dirà già qualcosa, che stanco di suonare da solo, riporta il suo repertorio in un nuovo formato, in un solido trio con William Nicastro e Stefano Grasso, progetto che per ora è rimasto solo nella dimensione live (da notare il “per ora”) e che non è possibile scoprire in altro modo se non andando ai vari concertini che numerosi si diffondono nel nord d’Italia. Un approccio jazz che, complici i ritmi sporchi di Stefano Grasso si libera dai canoni di precisione e leggerezza dei batteristi jazz e ci va giù decisamente pesante, non cade mai in nessuna formula obsoleta. Un sound sperimentale che si adatta più a un pogo a tarda serata al Cox di Milano che in una qualsiasi location di intellettualoidi appassionati di jazz stantio.
Pieralberto Valli
In qualche modo lo si potrebbe definire un cantautore, però non di quelli con la chitarrina tipo Brunori, un cantautore a cui piace l’elettronica. Sì ma non pensate a Cosmo, pensate più un James Blake senza i feat. con i rapper e con un approccio più indie it-pop (tant’è che lo avevamo visto al MiAmi di due anni) e un ultimo singolo che ci sembra di sentire Thom Yorke (in una delle sue versioni più lamentose) cantare in italiano. Un mix strano e unico che fa di Pieralberto Valli una scintilla di originalità in un buio pesto di genti che cantano in italiano e sembrano tutte cover band dei The Giornalisti.
Smoking Area