Il Mei ci sarà anche nel 2020: nonostante l’anno non sia stato proprio dei migliori (eufemismo) e nonostante le precauzioni che virus impone, il maggior evento riguardante la musica indipendente si celebrerà anche quest’anno a Faenza, dal 2 al 4 ottobre. Primi ospiti annunciati: Piero Pelù, Tosca, Gianni Maroccolo (con Edda) e Omar Pedrini.

Abbiamo rivolto qualche domanda a Giordano Sangiorgi, che il Mei l’ha inventato e che lo porta avanti ormai da 25 anni, rendendolo un punto fermo nell’oceano sempre in movimento della musica indipendente italiana.

Immagino che la venticinquesima edizione del Mei l’avevate pensata in maniera diversa, prima del Covid…

Be’ noi arriviamo da un’edizione super, quella dell’anno scorso, quando abbiamo toccato il massimo delle presenze, circa quarantamila, con centinaia e centinaia di artisti presenti, un grande pienone in tutti i live del centro storico. E’ evidente quindi che pensavamo di proseguire, cosa che ovviamente non è possibile.

Bisogna guardare all’iniziativa con un occhio totalmente diverso, anzi guardando proprio al futuro, del nuovo modo di fruire, fare, organizzare musica dal vivo. Quindi sarà un Mei che avrà una parte fisica tradizionale, che è quella che abbiamo voluto annunciare, perché in questi tempi d’incertezza abbiamo dato una certezza: il Mei ci sarà ancora, per il venticinquesimo anno, il 2, 3, 4 ottobre a Faenza.

Abbiamo presentato i primi nomi storici della scena indipendente, quelli che hanno aperto i primi varchi per la scena musicale indipendente in Italia, quindi Piero Pelù, Tosca, Gianni Maroccolo con Edda, Omar Pedrini. Ma dall’altro lato abbiamo pensato a contenuti maggiori online, quindi a fare in quei tre giorni delle dirette live streaming continue, e poi realizzare contenuti specifici esclusivi per il Mei 25.

I nomi di chi sarà protagonista online saranno annunciati più avanti?

Sì, e anche tutti gli altri che faranno la parte live, che annunceremo a settembre, quando avremo molto più chiaro quale sarà il panorama delle opportunità dal punto di vista live per le presenze del pubblico e degli artisti.

Mi ha incuriosito la scelta dei primi nomi annunciati: avete voluto puntare programmaticamente sui veterani della scena…

Negli ultimi due o tre anni abbiamo voluto scegliere quelli che avevano fatto nascere la scena indipendente venti-venticinque anni fa. Quando si è passati da pochi punti percentuali a far crescere in maniera esponenziale le percentuali di mercato della scena indipendente, sia dal punto di vista delle vendite sia del live.

Noi siamo proprio voluti andare alle radici, in questo caso, a quelli che sostanzialmente negli anni Ottanta-Novanta, hanno aperto per primi realmente un varco che è diventato anche mercato. Altri lo avevano fatto anche negli anni Sessanta-Settanta ma non erano mai diventati mercato, di fatto, se si esclude l’esperienza positiva degli Area sotto questo aspetto.

Ma diciamo che i Litfiba, con i due personaggi Piero Pelù e Gianni Maroccolo, un il 3 e l’altro il 4 ottobre, con due percorsi diversi, sono stati quelli che hanno sdoganato il suono rock in Italia, facendolo diventare una cosa normale, come negli altri paesi.

Il Mei è fatto anche di eventi collaterali. Quali sono quelli che possiamo aspettarci da questa edizione?

Quest’anno riconfermiamo la fiera espositiva nel Palazzo delle Esposizioni, che presenta strumenti musicali, dischi, cd, libri, dvd, tutta la cultura indipendente sotto forma fisica. Anche l’anno scorso ha avuto un grande riscontro. Poi ci saranno alcuni convegni che stiamo mettendo a punto. Confermato il Forum del giornalismo musicale, che è un appuntamento ormai fisso e tradizionale, poi ci sarà un convegno con Impala su come monetizzare nelle dirette live in streaming.

E sicuramente faremo una grande assemblea di questo coordinamento degli Stati Generali della Musica indipendente ed emergente che abbiamo messo in piedi insieme ad altri settori che fanno cultura come il teatro, il cinema, le arti performative di strada, le bande musicali, le scuole e gli insegnanti di musica e altri “pezzi” che costituiscono tutta la filiera musicale.

Unico lato positivo del Covid è stato forse la possibilità di sviluppare un dibattito riguardo la figura di chi lavora nella musica in Italia. Dibattito che vi ha visti protagonisti…

E’ parso evidente che c’è una lacuna legislativa nel nostro Paese, che è quella di aver sistematizzato un comparto professionale che è quello della musica e dello spettacolo dal vivo. Ce l’hanno impedito le major, ce l’hanno impedito alcune aree fighette alternative che pensano che tutto debba andare in mano al libero mercato. Abbiamo visto cosa succede, per esempio nella Sanità, quando si lascia tutto in mano al libero mercato… Dei disastri incolmabili.

Così come è successo con la musica: ci fosse stata una legge sulla musica come in Francia, cosa che noi chiediamo da circa vent’anni (in Francia c’è dal 1992), le imprese, i lavoratori, le partite Iva avrebbero avuto dei sostegni, dei riconoscimenti economici per la perdita del lavoro che c’è stata fra il 23 febbraio e il 15 giugno.

Invece abbiamo dovuto fare battaglie, riunioni, per avere riconoscimenti che in questo caso ci sarebbero stati automaticamente, come è accaduto negli altri Paesi avanzati, penso all’America che ha erogato 1200 dollari al mese a ogni lavoratore del settore musicale indipendente.

La ripartenza che c’è stata dal 15 giugno l’abbiamo salutata con favore, ma in realtà ha riguardato il 20% del settore, quindi ancora siamo qui a segnalare al governo e a coloro che sono competenti che è necessario, per una ripartenza al 100%, affinché nessuno resti escluso, come ha sempre detto questo governo, che ci siano maggiori sostegni a questo settore.

Quindi alle imprese musicali con un bonus che vada dal 23 febbraio al 15 giugno, e non solo sul mese di aprile. Con dei bandi che sostengano festival, tour, autori, artisti, produttori, che presentino nuovi progetti nei club che riapriranno a ottobre ma che hanno bisogno anch’essi di sostegni. Poi sostegni alle regioni e ai comuni per abbattere i costi di organizzazione degli eventi.

I costi per la sicurezza e quelli igienico-sanitari sono altissimi e non possono gravare sugli organizzatori e sugli artisti, ma devono essere costi complessivi a tutela dei cittadini. Poi vediamo di incontrare urgentemente e tenere fisso un tavolo della musica al ministero per i prossimi Stati Generali della Musica e fare dei tavoli regionali, perché con le regioni è più facile monitorare tutti i piccoli eventi che in qualche modo si sono persi e che vanno recuperati e che rappresentano l’identità del made in Italy musicale del nostro territorio, perché la musica indipendente oggi è il made in Italy, e anche una comunità che si ritrova attraverso questi festival e questi concerti a condividere l’essere un Paese.

Mi pare di capire che la vostra posizione sui live in streaming sia fortemente a favore…

Non vorremmo, come accaduto vent’anni fa, quando delle posizioni conservatrici contro il mercato della musica online fece sì che quel mercato andasse tutto in mano a poche multinazionali, monopoliste e globali che adesso determinano legge su tutto il mercato musicale.

Vorremmo che le dirette live streaming a integrazione dei live tradizionali fossero gestite da marchi nazionali, da artisti del nostro settore, in modo che tutto il circuito economico resti in mano agli artisti che le producono e non vada in mano alle multinazionali che pagano pochissimo agli artisti.

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