Fra gli ospiti di spicco dell’edizione 2019 di PeM! Parole e Musica in Monferrato (dopo l’apertura con gli Zen Circus di cui abbiamo parlato qui) c’è sicuramente Giovanni Truppi.
Il cantautore napoletano sarà al Parco della Torre storica di San Salvatore Monferrato (Alessandria) martedì 3 settembre, per scambiare qualche chiacchiera con il giornalista e direttore artistico della manifestazione Enrico Deregibus, e cantare qualche canzone. Noi di TRAKS abbiamo approfittato dell’occasione per rivolgere a nostra volta qualche domanda all’artista che ha pubblicato di recente Poesia e civiltà, il nuovo album.
Un classico di questi tempi quando si parla con un artista indipendente passato a una major è chiedere se hai trovato differenze, se ti hanno criticato eccetera. Io ti chiedo invece se ti aspettavi di approdare a una major dopo un disco coraggioso e provocatorio come “Giovanni Truppi”
No, assolutamente no! E… be’ questa è la risposta, non c’è molto da aggiungere: è stata una sorpresa.
“Poesia e civiltà” forse suona meno provocatorio ma ha permesso di scoprire lati della tua scrittura forse non così evidenti. Come sono andate le lavorazioni dell’album?
Mi ero fermato da un po’, discograficamente, perché tra questo disco di inediti e il precedente sono passati quattro anni. Avevo iniziato a lavorare, avevo una rosa di canzoni, avevo deciso di prendere la strada che ho poi preso per Poesia e civiltà.
Poi, l’accordo con Universal ancora di più mi ha spinto a cercare di focalizzarmi sulle cose più importanti che volevo dire con questo disco. Quindi in qualche modo mi sono sentito “responsabilizzato”, nel senso che ho pensato di avere a disposizione un altoparlante più grande per quello che dicevo. Quindi mi sono fermato a pensare con maggiore attenzione a quello che volevo dire.
Puoi spiegare la scelta di registrare negli Stati Uniti?
Marco Buccelli, che è il mio produttore e batterista da vent’anni, vive negli Stati Uniti da più di dieci. Abbiamo sempre lavorato in Italia, questa volta abbiamo pensato di lavorare lì.
In realtà innanzitutto è stata una scelta logistica: abbiamo considerato degli studi qui in Italia, degli studi negli Stati Uniti e per il tipo di lavoro che volevamo fare, cioè entrare in qualche modo in una “bolla temporale” che ci permettesse di stare concentrati sulla musica per un mesetto (nel senso che la sessione principale è stata di un mesetto, poi abbiamo lavorato al disco per quasi un anno) abbiamo scelto questo studio in un sobborgo di Providence, che si chiama Pawtucket, che ci permetteva di lavorare come avremmo voluto.
Poi in realtà anche l’ingegnere dello studio, Seth Manchester, era una persona con cui ci interessava lavorare, con lui hanno registrato anche i Battles. Ci sembrava che tutto il contesto potesse essere proficuo.
Providence zona piuttosto tetra, almeno secondo la letteratura, città natale di Lovecraft…
No in realtà non conosco questo aspetto letterario del New England ma riesco a immaginarmelo… Tuttavia eravamo in agosto ed eravamo molto felici di trascorrere questo periodo a fare musica insieme, quindi devo dire che il mio ricordo di quell’esperienza e di quella parte del New England non è associato alla tetraggine.
Ho letto che a proposito di “L’unica oltre l’amore” hai un documento word di 200 pagine con tutte le riscritture. Lavori così tanto a tutte le canzoni oppure è stata questa speciale?
E’ da un po’ di tempo che utilizzo questo metodo: quando scrivo un testo e poi quasi sempre lo porto sul computer, conservo le varie fasi di scrittura. Parto da un nucleo che è un’idea, che può essere un ritornello o anche solo una frase, poi di volta in volta continuandoci a lavorare lo ricopio e ci metto la data del giorno in cui ci ho lavorato.
In questo modo mi sembra di fare tipo Pollicino ed eventualmente tornare indietro se la strada che ho intrapreso non mi convince. Nel caso de “L’unica oltre l’amore” ho fatto così e dal momento che era una canzone a cui tenevo molto e per la quale mi era chiaro fin dall’inizio il concetto che volevo esprimere ma nel corso della lavorazione non ero soddisfatto mai della sintesi e del percorso di ragionamento che facevo, ci ho messo tanto tempo…
Tra i cantautori di oggi parlare di politica non è più molto di moda. Tu invece non solo ne parli ma ti permetti addirittura uno sguardo, come dire, di filosofia della politica. È difficile coniugare testi di questo tipo con il linguaggio del pop?
Per me è un complimento che tu definisca il mio linguaggio “pop”, per me vuol dire che è fruibile, e quindi questo mi fa piacere perché mi fa piacere poter comunicare quello che voglio a più persone possibile. Non tutti sarebbero d’accordo con la tua definizione…
Coniugare questo tipo di linguaggio con quello che ho da dire mi viene abbastanza naturale: è il mio linguaggio e come persona prima ancora come artista mi interessano tante cose diverse, dai sentimenti alla politica, quindi la musica e le canzoni sono il mio modo di esprimermi e di comunicare. Perciò non faccio più fatica a comunicare una cosa che riguarda la politica rispetto a una storia di sentimenti.
Al Mei ritirerai il premio come artista indipendente dell’anno. Che cosa rappresenta per te questo traguardo?
E’ un bellissimo riconoscimento per me. Mi hanno fatto questa domanda altre volte negli ultimi mesi e una delle cose che mi è venuto di più da dire è che, al di là del fatto che è un riconoscimento molto importante per me che seguo il MEI da vent’anni e mi ricordo quando ci andavo da ragazzino, mi fa ancora più piacere che ci sia questo riconoscimento in un momento in cui da un punto di vista materialistico-marxista non sono un artista indipendente, perché questo disco è uscito in una major.
Quindi ancora di più mi sembra che questa cosa sia quasi una forzatura ma che in realtà è un riconoscimento dell’indipendenza che poi mi interessa di più, che è quella artistica.
Invece fra pochi giorni sarai presente al PeM! Ti trovi a tuo agio in eventi in cui si alternano chiacchiere e musica?
Sono contesti che conosco di meno, in realtà mi esprimo meglio in forma scritta e con le canzoni, ma mi piace chiacchierare, quindi mi è capitato altre volte di fare incontri simili ed è stato piacevole.
Conosco il PeM! perché conosco Enrico (Deregibus, Ndr), so di questa manifestazione perché avevamo provato anche l’anno scorso a incontrarci.
I tre colleghi di oggi che ami o apprezzi di più.
Brunori Sas, Edoardo Calcutta e Niccolò Fabi, che è in una generazione diversa ma è sicuramente un cantautore che stimo.