Si chiama Solstizio il nuovo disco de I botanici. Il disco, come le piante più resistenti, ha avuto una crescita lenta, ha vissuto diversi momenti e visto diversi luoghi. Affonda le sue radici nelle storie, paure e incertezze quotidiane tra l’estate e l’inverno del 2015, periodo in cui prende forma nella sala prove de I Botanici a Benevento.
All’inizio del 2016 tre tracce incise su una demo incontrano Alberto Bebo Guidetti che decide di produrre quello che sarà il disco d’esordio. Ad aprile dello stesso anno nel Donkey Studio a Medicina (BO), con la collaborazione di Hyppo, vengono registrate, in una settimana in cui è stato il cuore a comandare, le otto tracce contenute nel disco. Esce precisamente un anno dopo, il 7 aprile del 2017 per Garrincha Dischi.
Il disco è scritto e suonato da I Botanici. Prodotto da Alberto Bebo Guidetti, Hyppo Nicola Roda e I Botanici. Registrato e mixato presso il Donkey Studio di Medicina (BO). Masterizzato da Francesco Brini presso lo Spectrum Studio di Bologna. I testi sono di Mirko Di Fonso, la musica e gli arrangiamenti de I Botanici. Hanno partecipato: Alberto Bebo Guidetti (voce su 7), Enrico Carrot Roberto (synth su 8), Hyppo Nicola Roda (chitarra su 1 e 6).
I botanici traccia per traccia
Solstizio d’inverno apre il disco con una cavalcata elettrica di sapore indie e un substrato malinconico molto presente. Più rabbiosa C’avremo tanto da fare, ma anche qui si inseriscono pause cupe e allungate. Non ci si abitua mai si affida a paradigmi diversi, almeno prima che entrino le scudisciate del drumming e soprattutto delle chitarre.
Amori botanici ha una struttura che comporta variazioni lungo il tragitto, con la rabbia questa volta convogliata e scaricata un po’ per volta. La seconda metà del disco prende il via da Non sbaglio più, di nuovo intessuta su drammi intimi ma piuttosto soggetta a scatti d’ira elettrici e improvvisi. Magari sì procede su temi simili, sia dal punto di vista sonoro sia da quello dei testi.
Tenda per due (Arpenaz XL) si allunga su superfici fluide, proponendo un background sonoro molto ricco e articolato. Si chiude con Io non credo, un po’ più morbida e velata di nostalgia.
C’è molta energia nell’esordio dei botanici, che convogliano i propri rimpianti in otto pezzi molto solidi e ben suonati.