Intervista: Guignol, una connotazione chiara

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Una necessità di rinnovamento, ma anche di scagliare canzoni dure come pietre: si chiama Abile Labile il sesto disco della carriera dei Guignol, che hanno cambiato faccia ma non sostanza (qui la recensione con streaming). Abbiamo scambiato qualche parola con Pierfrancesco Adduce.

C’è molto rinnovamento alla base di questo nuovo disco, a partire da due membri nuovi della band. Che cosa vi ha spinto a questa mutazione?

Era necessaria. Negli ultimi quattro anni i Guignol hanno subito diversi stravolgimenti interni: non c’era più una fisionomia di riferimento e troppo era lasciato al caso o al singolo componente che sopraggiungeva a dare un contributo per un periodo imprecisato. La cosa ha avuto delle ripercussioni pesanti specie in occasione dei molti concerti che pure abbiamo fatto. C’era da inventarsi ogni volta qualcosa e non sempre le soluzioni erano convincenti.

Con l’ingresso di Paolo Libutti al basso e Raffaele Renne alla chitarra abbiamo ridato al gruppo una connotazione chiara, abbiamo recuperato una gamma di soluzioni sonore che con la precarietà della situazione precedente non potevamo permetterci, abbiamo acquistato in stabilità e solidità, quindi, il tutto ha reso anche me più libero di tornare a essere un interprete più efficace oltre che più teatrale sul palco, non dovendomi far carico anche di tutti gli aspetti legati al suono, alle chitarre ecc…

guignol2Il disco vive di contrasti molto forti, spesso è molto crudo, ma mi sembra animato da sentimenti tutt’altro che pessimisti. In che contesto e atmosfera sono state realizzate le canzoni?

Essendo io l’autore di tutti i testi dei Guignol, da sempre, ti dirò che le canzoni sono state realizzate nell’arco di un anno e mezzo circa; scrivendole lì dove mi trovavo o prevalentemente a casa, nelle ore notturne, quelle più tranquille, dove meglio riesco a concentrarmi. L’atmosfera è stata quella della massima incertezza personale, esistenziale e materiale che ora come ieri (forse anche più di ieri!) caratterizzano la mia vita. Questo assieme all’intenzione di rimettere insieme un contesto sonoro, umano e di gruppo adeguato al nuovo lavoro.

Puoi spiegare la ragione della cover/tributo a Piero Ciampi, e perché proprio “Il Merlo”?

Perché ci piaceva, perché già l’avevamo suonata in concerto, perché ne avevamo fatto una versione nostra molto diversa dall’originale e perché la trovavamo molto esemplificativa della sua figura di uomo dotato di grandi slanci e al contempo capace di scivolate pazzesche al limite dell’autolesionismo.

Guignol: un insieme di sacro e profano

Come nasce “Sora Gemma e il crocifisso”, a mio parere uno dei vertici del disco?

Nasce dall’immagine di un crocifisso che trovai nella stanza di casa in cui mi trovo ora, dopo il mio trasloco di 2 anni e mezzo fa. Casualmente mi son trovato ad avere sul tavolo sotto di esso delle immagini e delle targhe di bordelli degli anni post Grande Guerra o del periodo fascista.

Questo mentre seguivo una mini ricerca su uno spettacolo da allestire riguardante il centenario della Grande Guerra. E’ nato così il personaggio di Gemma: madre di un figlio scomparso in guerra o chissà dove, maitresse, donna di vita, devota a suo modo ma non per questo disposta a rinnegare le sue scelte professionali e personali. Un insieme di sacro e profano.

Puoi raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Abbiamo usato un set di batteria completo, cassa, timpano, rullante e piatti, più alcune percussioni, tra cui anche la cassa armonica di una chitarra acustica. Basso elettrico, con alcuni effetti di compressione e distorsione, chitarre acustiche ed elettriche con distorsioni, reverb, deelay, whawha ecc… un bottle neck per alcuni parti di slide e rumorismi vari, organo e sinth per alcuni brevi passaggi strumentali, il sax di Guido Rolando Giubbonsky per “La coscienza di Ivano”, il violino di Francesca Musnicki per “Luci e sirene” e “Il Cielo su Milano”, una molla per effetto temporale ne “Il Cielo su Milano”, le mani e le voci mie e di Giovanni Calella (per alcuni cori). Essenzialmente questo. Giovanni Calella è stato poi l’artefice mescolante il tutto e il produttore artistico con Guignol del disco in questione.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Seguiamo poco quello che accade nell’ambito cosiddetto indipendente italiano… I primi nomi che potremmo fare sono quelli di Lilith & The Sinnersaints, Salvo Ruolo e Guido Giubbonsky, anche perché sono persone con cui collaboriamo e abbiamo collaborato di recente. Artisti lontani dai giri ”indie” alla moda, quelli giovanilistici o simili e soprattutto artisti dal gusto vario, trasversale, capaci sempre di contaminare e contaminarsi. Potrei aggiungere anche Cesare Basile e i Bachi da Pietra, Steve Cantarelli and the Silent Strangers… L’ultimo Marco Parente, i Luminal!