Intervista: Trompe le Monde, qualcosa a cui non sappiamo dare un nome

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Abbiamo parlato del loro disco Ohrwurm giusto ieri (ma se ti sei perso la recensione e lo streaming, eccoli qui): i veneti Trompe le Monde sono un trio che fa scarso uso della voce umana, e che invece utilizza gli strumenti ora come grimaldello ora come ariete, al fine di trovare un suono molto compatto e spesso aggressivo. Abbiamo rivolto loro qualche domanda, e abbiamo anche chiesto di indicarci le loro canzoni preferite, che trovi e puoi ascoltare a fine intervista.

Potete riassumere la vostra storia fin qui? Come avete scelto il titolo del disco?

I Trompe Le Monde nascono nell’ottobre del 2012 grazie a Giuseppe Arrivoli (basso) e Flavio Bevacqua (chitarra), inizialmente Carlo (batteria) non era nella formazione originale. Si trattava semplicemente di tre ragazzi che si trovavano per strimpellare qualche cover dei Queens of the Stone Age, Arctic Monkeys, Radiohead, Verdena.

Tuttavia un giorno, dopo che Carlo era ormai entrato fisso nella formazione, si decise di fare una prova per comporre qualche pezzo originale. Giusto per vedere cosa sarebbe venuto fuori. Ciò che ci piacque immediatamente è che quello che stavamo suonando non aveva nulla a che fare (stilisticamente parlando) con le cover suonate precedentemente. Era un qualcosa a cui nemmeno noi sapevamo dare un nome.

Con il tempo, dopo aver visto che stavamo continuando a sfornare nuove canzoni abbiamo deciso di provare a racchiudere tutto questo materiale in un ep. Il termine “Ohrwurm” lo trovammo spulciando su internet, ci piaceva l’idea che fosse un vocabolo usato esclusivamente nella lingua tedesca e dunque non traducibile in un’unica parola. Tradotto liberamente, Ohrwurm significa “Verme dell’orecchio”, riferito a un motivetto musicale che entra nella tua testa e non se ne va più: può essere piacevole oppure può rivelarsi un incubo, sta a voi la scelta.

Da quanto ho letto, il vostro ep ha avuto una gestazione piuttosto prolungata: perfezionismo o difficoltà a trovare tempo per suonare?

E’ stato un lungo periodo ma non era assolutamente dovuto ad un fatto di perfezionismo. Il fatto è che mentre registravamo ci sono stati molti cambi di rotta, fino ad arrivare a quello che siamo oggi. Siamo partiti con dei pezzi cantati in inglese, per poi passare al cantato in italiano, fino ad arrivare alla scelta estrema, quella di lasciare tutto strumentale. Solo arrivati a quel punto ci sentivamo soddisfatti al cento per cento.

Quali sono state le difficoltà maggiori che avete incontrato nel realizzare il disco, se ce ne sono state?

Crediamo che la più grande “difficoltà” sia stata quella di mettere nell’ep la stessa enfasi (o per i più diretti “la stessa botta”) che usiamo nei live. Per usare un esempio concreto: nelle primissime registrazioni di questo disco avevamo registrato ogni strumento singolarmente. Una volta sentito il risultato, il nostro fonico ma soprattutto nostro carissimo amico Nicolò Ferrazzo ci ha detto “No. Qui non c’è lo stesso impatto dei vostri live. Ora registreremo nuovamente il tutto, ma voglio che basso e batteria suonino insieme”. Inutile dirlo ma aveva assolutamente ragione. Non ci stancheremo mai di ripetere quanto apprezziamo il suo lavoro finale. Quel ragazzo ha trasformato il suo garage in uno studio di registrazione e ha tolto il letto da camera sua per poter mettere un mixer 24 canali. Idolo.

Trompe le Monde, la stessa botta

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Potete spendere due parole sulla genesi di tutti e sei i brani dell’ep?
Ogni nostro brano nasce allo stesso modo. Uno di noi tre propone un riff, può essere una linea di basso, chitarra o anche un qualsiasi ritmo alla batteria. Dopodiché si comincia a improvvisarci sopra qualcosa, c’è molta libertà nelle nostre composizioni. La nostra regola fondamentale è non mettersi alcun paletto in testa. Non vogliamo perdere tempo chiedendoci “Secondo voi ci sta questa strofa dopo questo ritornello?”.

Non abbiamo un genere musicale preciso, infatti andiamo in panico ogni volta che qualcuno ci chiede il nostro genere. La maggior parte delle volte nella composizione dei pezzi ci fermiamo e diciamo “Bene, ora mettiamo una parte swing?” “Facciamo un po’ di ska?” “Mettiamo la suoneria dei cellulari nokia dentro questo pezzo?”. Un caos ordinato.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
Semplicissimo: un basso, una chitarra e una batteria, nient’altro. Senza dimenticare ovviamente una buona dose di distorsioni e altri effetti.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Tra quegli artisti indipendenti che hanno già un buon seguito vogliamo assolutamente citare gli Zu, i Fuzz Orchestra, gli Zeus, i Kirlian, i Bologna Violenta, i Death of Anna Karina. Oltre a questi tuttavia ci terremmo molto a citare altre band più underground con cui abbiamo condiviso il palco e non potremmo esserne più contenti.

Dalla nostra zona del veneziano abbiamo gruppi sperimentali come gli Hermetique Garage, i Thalos oppure i Malota, caratterizzati dal loro stoner unico e inimitabile. Fuori dalla nostra provincia invece abbiamo avuto l’immenso piacere di poter conoscere band come i fantastici Rosario, i LORO e i Futbolìn. Li consigliamo VIVAMENTE a tutti coloro che non li abbiano mai ascoltati.

La playlist dei Trompe le Monde

Giuseppe Arrivoli (Basso)
The Sublime Freak – Lightning Bolt
Il motivo? E’ piena di vita come canzone ed è quella che mi rappresenta di più da un passato più vicino a questa parte.

Carlo Zulianello (Batteria)
Unsung – Helmet
John Stanier è il mio batterista preferito, quando ascoltai per la prima volta questa canzone a 5 anni mi dissi “Bene, voglio essere un batterista”. Zero fronzoli, zero tecnicismi, semplicemente batteria dritta e dannatamente pestata.

Flavio Bevacqua (Chitarra)
The Ascension – Glenn Branca
Scelgo questo pezzo perché mi ha insegnato che nella musica c’è altro oltre alle note, e che la chitarra non si suona soltanto premendo i tasti sul manico.